La sfida massima dell’uomo: riportare in vita la natura, riparando ai “danni” da lui commessi con l’inquinamento e l’urbanizzazione.
È con questo intento, con il supporto delle migliori tecnologie e specialisti, che si è cercato, in buonissima fede, di offrire una seconda occasione a una specie biologicamente estinta: l’orso selvatico.
25 anni fa tra i boschi del Trentino furono reintrodotti 10 esemplari.
Orsetti piccoli e bellissimi portati da molto lontano che sono usciti dalle auto-blindate utilizzando piccoli scivoli rossi, come i bambini di un parco giochi. Teneri e tutti da coccolare. Telecamere termiche, strumenti di geolocalizzazione, tracciamento tramite archivio dna, un corpo forestale ad hoc, veterinari e studiosi preposti. Con all’occorrenza calmanti, unità di soccorso, gabbie/trappola contenitive per i più “vispi”. Venti persone per seguire dieci orsi.
Tutto il necessario, anche se forse fin dall’origine non si è pensato o è mancato un modo idoneo, a livello “didattico”, per “insegnare a uomini e orsi” degli strumenti idonei a una pacifica convivenza.
Certo l’uomo può essere un cattivo “studente”, ma l’orso selvatico è raccontato dagli stessi tecnici (quei venti di cui sopra, che parlano attivamente nel documentario) come una creatura senza limiti, né geografici né politici. Una creatura “ancestrale”, “troppo libera” forse, per confrontarsi quotidianamente con uomini abituati “per natura opposta” a erigere da sempre barriere, muri, recinti.
Gli orsi in Trentino si sono trovati così bene da diventare in poco tempo un centinaio, con le risorse umane e tecniche per il loro controllo che hanno iniziato a scarseggiare. In Trentino poi si vive a stretto contatto con la montagna, per l’economia come per il turismo: con la conseguenza che orsi e uomini si sono trovati davvero troppo vicini tra loro.
Vicini nei pic-pic tra i boschi e nelle camminate all’aria aperta. Vicini sulle strade asfaltate, con il pericolo di incidenti gravi. Qualche volta l’orso arrivava vicino alle case più isolate, per una visita come Winnie The Pooh in cerca di miele. Qualche volta trovavi un orsetto che come Spiderman cercava di stare appeso ai cornicioni di una ringhiera.
Tutte cose documentate da centinaia di video buffi, qui presenti, che hanno riempito la rete e che fino a che gli orsi erano in 10 esemplari e poco più venivano tollerate. Scenette accolte anche con ilarità, ma che moltiplicate con 100 e più esemplari “con cui non si sapeva dialogare”, diventavano un guaio.
I locali non ne potevano più degli orsi, che fossero maschi o femmine. Gli orsi maschi erano esploratori, andavano ovunque e qualche volta prendevano animali da allevamento come snack, facendosi largo tra i pollai e le stalle in alta quota. Diventava troppo spesso con loro un affare di “sopravvivenza economica del fatturato”. Una storiaccia da recinti elettrificati o fucili spianati, magari senza cercare la “conciliazione amichevole” con i forestali”. Anzi, quando si chiedeva l’intervento dei forestali si cercava in loro per lo più una specie di “periti dell’assicurazione”, in grado di risarcire presto del maltolto.
Con le orse femmina forse era peggio.
Le orse femmina dovevano badare alla salute della prole, essere territoriali e nel caso attaccare qualsiasi minaccia si presentasse a loro in modo troppo silenzioso e veloce. Potevano essere una minaccia, per una mamma orsa particolarmente apprensiva, anche inconsapevoli Runner con la cuffia nelle orecchie e scarpe da ginnastica ultrasilenziose, che senza saperlo varcavano il loro “recinto immaginario”.
C’erano stati in passato degli incontri ravvicinati pericolosi, nella Pasqua del 2023 Andrea Papi di 26 anni, runner, fu trovato senza vita in zona Val di Sole, dilaniato da un’orsa che all’esame dna rispondeva al nome di JJ4. Un’orsa anziana, una di quei primi dieci orsacchiotti portati in Trentino. Da sempre “timidissima”, ma che in passato si era già avvicinata troppo all’uomo.
Fu il caos.
La popolazione non ne poteva più, invocava di riportare gli orsi lontani dal Trentino, reclamava la responsabilità dei “custodi degli orsi”, nuove regole. C’è chi tra i ranger aveva seguito alcune orse dalla nascita alla morte, come capitato per l’orsa Dalida, e non voleva il “linciaggio” anche di JJ4: la condanna standard all’abbattimento in quanto “animale pericoloso”. C’erano i movimenti animalisti, che anche con veemenza e toni forti hanno cercato di trovare una soluzione intermedia.
Pichler, sulla base di un archivio video davvero straordinario, ricco di immagini spettacolari, cariche di empatia, dolcezza quando rabbia, dà voce a tutte le parti in scena in modo equidistante, pacato, nel rispetto di tutti i punti di vista.
Colpisce il punto di vista quasi filosofico con cui i forestali vivono a contatto degli orsi. Affascinano i racconti dei “santuari naturalistici” gestiti all’estero da volontari, dove trovano ricovero animali pericolosi ed appartenenti del circo.
Fa quasi male la constatazione della “impossibilità pratica” della convivenza tra uomini e orsi che qualcuno avanza sulla base di esperienze trentennali.
Ci sono documenti incredibili che danno speranza, come l’incontro ravvicinato di un bambino con un orso, che finisce senza danno alcuno perché il ragazzino segue le regole corrette di comportamento alla presenza di questi animali. Ci sono le strazianti immagini del corteo funebre di Papi, con le persone che si sentono quasi abbandonate al loro destino. Ci sono le “arringhe politiche” dei movimenti pro-orso e no-orso, a tratti purtroppo identiche per urla e mancanza di empatia nei confronti “dell’avversario umano”.
Tutto cala in un unico caleidoscopio che non perde mai il Focus di descrivere la complessità di ogni elemento.
Un film estremamente intelligente, crudo quanto bellissimo, imperdibile.
Un’altra Gemma di I Wonder.
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