lunedì 12 agosto 2013

Long Wei



Long Wei è un esperto di arti marziali e lavora nel mondo del cinema. Purtroppo è solo una comparsa, destinata ad essere tritato dall'eroe del film un ciak dopo l'altro. Ma gli studios di Pechino sono in crisi e nel giro di poco tempo è costretto a lavorare come guardia di uno stabilimento che produce materiali elettronici. Depressione massima. Non se la passano meglio i suoi parenti in Italia, a Milano. 

Lo zio Tony, proprietario di un ristorante, ha dei guai con la mafia cinese importata all'ombra della Madonnina, le cosiddette “Tigri immortali del bosco dei salici”. Il ristorante nonostante gli sforzi dei figli, Chen e Maria, è sempre semi deserto, anche perché tra i pochi clienti abituali figura il misterioso e un po' inquietante Vincenzo Palma. Gli incassi scarseggiano e spingono lo zio a frequentare una bisca clandestina nella quale viene incastrato nel più classico dei modi: prima vince due noccioline, poi perde, poi perde, poi viene spennato e in fine esce indebitato. Per dargli una mano dalla Cina con furore viene mandato Long Wei, che per motivi a noi misteriosi già parla italiano fluente. Il nostro in un attimo scopre che la bisca è truccata e a colpi di kung fu fa piazza pulita dei criminali, che ovviamente gli giurano vendetta. Ma la folla di immigrati esulta. C'è un nuovo sceriffo in città, nonché un valido aiuto in cucina. Ma il nome è difficile da pronunciare per gli italiani, dovrebbe farsi chiamare Ambrogio.
Il gruppo editoriale Aurea se ne esce con un'opera fresca, inaspettata e godibilissima. Produce Recchioni, uno degli sceneggiatori di punta di Dylan Dog e presto in edicola con lo sci-fi Gli Orfani. La storia è dell'ottimo Cajelli, che abbiamo di recente apprezzato nella collana “Le storie” per il sorprendente Mexican Standoff. La sua scrittura è veloce e coinvolgente e il registro scelto è appropriato, un frizzante action che non lesina situazioni comiche. I disegni del primo numero sono di un bravissimo Luca Genovese, che si è avvalso per le coreografie di lotta di esperti di arti marziali. Oltre ad avere un indiscusso talento nel disegno delle figure in movimento caratterizza, i volti con toni morbidi e aggraziati e non si dimentica delle scenografie. Quella disegnata da Genovese sono davvero le strade di Milano, tra corso Buenos Aires e viale Tunisia, dalle parti di viale Maciachini. Il disegnatore del secondo volume, Gianluca Maconi, non è da meno. Il suo stile ricorda molto i comics americani, la sua frammentazione delle tavole profuma di Joe Quesada (vedasi il ciclo di Daredevil scritto da Kevin Smith). Ci sono pure delle splash page e tavole asimmetriche, autentiche rarità per il fumetto di scuola italiana. Anche qui c'è un grande senso dell'azione, uno studio corretto delle ambientazioni. Tra i due è davvero una gara di bravura. 
Una serie bellissima quindi, ma che paga colpe “non sue”, quanto dell'editore. Il primo problema è la distribuzione. Long Wei si trova in edicola, ma non in tutte e non in gran numero. Questo sarebbe un problema sormontabile se non fosse per il secondo, ultimo, ma più significativo difetto. La carta. Una carta che lascia sulla pagina che state leggendo gli aloni della pagina stampata sull'altro lato del foglio. Si chiude un occhio, si chiudono anche tutti e due, il fumetto merita e merita tanto. Ma chiediamo qui all'editoriale Aurea di correre ai ripari, di provvedere al miglioramento delle stampe. E perché no, anche a distribuire fieramente più copie di Long Wei. Ci sono tantissime persone a cui piacerebbe per l'originalità della trama, per la dovizia di dettagli del disegno e per la simpatia del protagonista. Per conto nostro, promuoviamo a pieno il titolo e lo aspettiamo con impazienza ogni mese, in genere intorno al 12. 

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2 commenti:

  1. A me non ispirava, ma se lo recensisci così bene lo guarderò meglio e magari lo comprerò. L'ambientazione milanese in particolare mi ispira.

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  2. Dopo 3 numeri letti confermo tutto quanto scritto.davvero niente male!!talk0

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