Sinossi: ci troviamo sopra i cieli dell’Alaska, a tre chilometri d’altezza dal suolo, 14.000 piedi, su un piccolo e sgangherato aereo Cessna bianco sporco, in una bella giornata di sole.
La giovane e perplessa US Marshall
Madolynn Harris (Michelle Dockery) sta scortando, sul primo veicolo da
trasposto utile trovato, il fastidioso e logorroico contabile Winston (Topher
Grace). Stanco di una vita in fuga tra motel fatiscenti e renne moleste che “lo
fissano dalle finestre”, auto-confinato in una delle regioni più fredde e
inospitali della terra, Winston ha deciso di sfruttare l’ultimo blitz della
polizia per consegnarsi spontaneamente alle autorità e andare a testimoniare a
New York City, nel processo che vede alla sbarra il suo vecchio “datore di
lavoro”: la famiglia criminale dei Moretti.
Il Cessna, tre posti passeggeri per lo
più adibiti al trasporto di pescatori e turisti eccentrici, era partito puntuale,
scomodo e scomposto, da una pista in mezzo al nulla in direzione di Anchorage.
Una Madolyn in continuo contatto
telefonico con i suoi superiori e pensosa, seduta davanti all’HUD e con alle
spalle un Winston legato e ammanettato come un salame per “questioni di
sicurezza”, avevano da pochi minuti fatto la sgradita conoscenza dello
scontroso e molesto pilota texano Daryl Booth (Mark Wahlberg).
La radio è rotta, i sedili stretti, tutta
la stiva è piena di oggetti sparsi a caso nel pieno caos. La velocità incerta e
gli sbalzi creano più di un mal di stomaco. Fluttuano per lo più come un
aeroplanino di carta in balia dei venti, schivando una serie infinita di cime
bianche e acuminate come i denti di uno squalo.
Daryl è disinvolto: si vanta che potrebbe
aprire uno snack bar solo con tutto il cibo vomitato dai suoi clienti su quel Cessna.
Fa il simpatico ma c’è più di un aspetto in lui che non convince. Tracce di
sangue sul suo vestito. Documenti di volo con foto che non corrispondono alla
sua fisionomia. Alcune affermazioni che suonano come “balle”. Forse chi parla
non si chiama davvero Daryl e non è nemmeno il proprietario di quell’aereo.
Il caos si genera in un attimo.
Si estraggono le pistole. Tra pugni e
calci i corpi rimbalzano tra le strette pareti della cabina, la cloche viene
abbandonata.
Inizia la caduta del Cessna verso le
fauci delle Alaska Range.
Madelyn a fine scontro ammanetta un meno
spavaldo “Daryl” e si pone alla guida, da dilettante assoluta, cercando di
capire un modo per non sbattere e si mette al telefono.
Prende contatti con un calmo e
rassicurante controllore di volo. Cerca di scoprire dai suoi contatti la
“talpa” che ha rovinato l’operazione. Prova a contenere un sempre più agitato
Winston e cerca di ignorare il sorriso cattivo e le minacce, sempre più
esplicite e sinistre, di un “Daryl” che tiene costantemente i suoi occhi di
fuoco su di lei.
Tutti gli oggetti messi a caso nella stiva iniziano a roteare e spostarsi tra gli sbalzi di quota. Qualcosa in grado di liberare “Daryl”, armandolo, si avvicina infine alla sua portata.
La passione per l’aviazione di Mel Gibson
Mel Gibson, sebbene dietro la macchina da
presa, torna alla guida di un aereo.
Lo aveva fatto nel 1985 in Mad Max:
Oltre la sfera del tuono, come protagonista principale, domando in un
futuro post-atomico un fatiscente Boeing 747 della Quantas (la compagnia
Quantas “portava bene”: in Rain Man, del 1988, il personaggio di Dustin
Hoffman conosceva con certezza la circostanza che in tutta la storia passata la
Quantas non aveva mai avuto un singolo incidente aereo).
Nel 1990, in Air America, Mel tornava
da protagonista a guidare un carcassone volante: un Fairchild C-123 Provider da
trasporto militare, impegnato nella propaganda e nel contrabbando nel Laos del
1969. Nel 1992 nel romantico Amore per sempre, nei panni di un soldato
del passato “scongelato” nel presente, si era messo alla guida di un
bombardiere B-25 Mitchell. Nel 2002, in We were soldiers, Gibson
interpretava invece Hal Moore, il fondatore nel 1965 di quella “cavalleria
dell’aria”, celebrata anche in Apocalypse Now di Coppola, che operava
nella vallata di La Drang, non con aerei ma elicotteri Bell UH-1 Iroquins
“Huei”.
Mel Gibson è così appassionato di aviazione da essere stato scelto nel 2018 come consulente alla direzione artistica per il film cinese Air Strike, di Xiao Feng, con al centro la seconda guerra sino- giapponese iniziata nel 1937 e i letali aerei Mitsubishi A6M Zero. Prima o poi era inevitabile che riportasse sulla scena degli aerei, da protagonisti, nel suo cinema.
Il Cessna al cinema: la Cessna Aircraft Company, fondata nel 1927 a Wichita, nel Kansas, è una delle più famose e apprezzare aziende specializzata in aerei da turismo.
Il Cessna 185 Skywagon è più volte
apparso nei film di James Bond: in Solo per i tuoi occhi del 1981, in Vendetta
privata del 1989 e in No time to die del 2021. Un Cessna 150 Aerobat
è tra gli aerei protagonisti del classico anni 80 L’Aquila d’acciaio (Iron
Eagle). Il modello di Cessna utilizzato di Flight Risk è il 208
Grand Caravan. Un amante dei Cessna è anche il regista Gabriele Salvatores, che
inserì nel suo Mediterraneo un Cessna 140.
Note sulla produzione: nel 2020 la prima opera dell’esordiente Jared Rosenberg entrava nella Black List delle migliori sceneggiature ancora con prodotte e subito Mel Gibson iniziava a interessarsi al progetto.
Le riprese, tenutesi a Mosquite in Nevada
e poi in Alaska, erano programmate nei mesi di luglio e agosto 2023 e per lo
sciopero indetto dal sindacato SAG-AFTRA e avrebbero dovuto per questo motivo
essere rimendate, ma la pellicola di Gibson è stato una delle 39 cui venne
concesso di continuare la produzione.
Per quasi la sua totalità, il film è
stato girato su un set virtuale con caratteristiche dinamiche simili a un
complesso simulatore di volo: con al centro il Cessna 208 Grand Caravan e con dentro
gli attori.
Il percorso di volo fuori dai finestrini
è stato scelto con “finalità narrative” da Mel Gibson stesso “dal vero”, in
fase di preproduzione, durante svariate ore di volo, sorvolando l’Alaska su un
elicottero pilotato dalla leggenda Fred North (sue le riprese aeree dei film di
Michael Bay, di Granturismo e Fast & Furious). Le riprese
reali sono state quindi implementate per una visione a 360 gradi sfruttando le
più recenti tecnologie dell’Unreal Engine, in combinazione con la reale mappatura
satellitare della tratta. Per le non meno complesse riprese all’interno degli spazi
stretti dell’abitacolo, cariche di molte scene in cui l’azione e la “forza di
gravità” entrano in gioco, il direttore della fotografia Johnny Derango, anche
lui “strizzato” dentro l’abitacolo, ha utilizzato cineprese a mano digitali in
4k Sony Venice 1e 2.
La sceneggiatura prevedeva che il personaggio interpretato da un sex symbol come Mark Wahlberg dovesse essere “folle e stempiato”. Il reparto trucco aveva predisposto per l’attore una specie di “guscio di gomma morbida” da indossare sopra i capelli, ritenuto scomodo e parecchio grottesco, ma Wahlberg ha provveduto a rasarsi la testa da solo, del tutto innamorato del progetto e della sua parte.
In sala: Flight Risk è un film di 91 minuti come i più classici action degli anni ’80.
I dialoghi, scritti dall’esordiente Jared
Rosenberg, risultano particolarmente brillanti e “smargiassi”, riuscendo a far
risaltare le interpretazioni dei tre attori principali sulla scena. Davvero
imperdibile Wahlberg, che per il ruolo sembra essere entrato quasi di
prepotenza in diretta connessione con i personaggi “più matti” di Mel Gibson. Il
suo “Daryl” è una creatura crepuscolare e aggressiva, che con abilità si
nasconde sotto una “maschera da bifolco” che rende all’apparenza superficiali e
innocue anche le sue invettive “più cattive”.
La brava Michelle Dockery ha invece a che
fare con un personaggio decisamente classico e funzionale in ogni film “sugli
aerei che cadono”, da Airport ’75 in poi. È la protagonista dal passato
tragico e in cerca di rivalsa come il Topper di L’aereo più pazzo del mondo. La sua U.S. Marshall, oltre a tenere a bada
l’infido pilota di Wahlberg e il contabile, deve per la prima volta prendere i
comandi di un Cessna e imparare a guidare un aereo in tempo reale, seguendo le
istruzioni di un esperto della “torre di controllo”. Con un risvolto originale
della trama, lei, in quanto “agente
speciale”, non vive però in modo “troppo tragico” l’evento. Anzi. Nello
specifico l’esperto chiamato a supportarla si chiama Hasan e ha in originale la
voce suadente e confortante di Maaz Ali. Ha “doti motivazionali” da personal
trainer, gioca con i doppi sensi e la seduzione, riesce da solo ad alleggerire
molta della tensione narrativa e a risaltare nell’interazione il personaggio
della Dockery. Purtroppo, la Dockery ha anche a che fare con una linea
narrativa relativa alla “caccia alla talpa”, anche questa “vissuta al
telefono”, che nell’economia generale della messa in scena non riesce a
funzionare altrettanto bene, risultando in più di un caso ridondante o troppo
“contratta”.
Topher Grace fin dai tempi di Predators
predilige personaggi dalla forte ambiguità emotiva e anche con Winston prosegue
questo percorso. Il personaggio del suo contabile è molto versatile: sa essere
divertente quanto cinico, tragico quanto viscido.
L’intesa trovata sul set dai tre attori principali
sembra essere stata molto alta e gli ha permesso di interagire al meglio anche
nelle complesse e articolate sequenze d’azione.
La trama, semplice ma gustosa, procede
“in tempo reale”, dipanandosi quasi come un’unica sequenza, grazie al montaggio
di Steven Rosenblum (con Gibson da Braveheart, ma anche in Pearl
Harbour di Bay). La durata della pellicola corrisponde con il tempo effettivo
di percorrenza del Cessna per raggiugere dal piccolo aeroporto sperduto nel
nulla la pista di atterraggio di Anchorage. L’attenzione a ogni dettaglio
relativo al piano di volo, strumentazione, itinerario, compresa la fisica del
Cessna sottoposto alle correnti ascensionali o alla picchiata, è puntuale
quanto maniacale. Il film trasuda di tutto l’amore di Mel Gibson per
l’esperienza del volo e i suoi meccanismi tecnici. Le musiche di Antonio Pinto
risultano funzionali all’azione, pur senza mai sovrastare gli effetti sonori
relativi al veicolo.
Sul piano visivo Flight Risk è un
piccolo gioiello di stile.
Peccato, davvero peccato, per la poco riuscita e appagante sottotrama relativa alla “caccia alla talpa”, senza la quale il film avrebbe potuto comunque sorreggersi da solo.
Finale: Mel Gibson, con tutto il suo amore e passione per gli aerei, in attesa di portare sullo schermo il seguito di The Passion, confeziona una piccola pellicola action divertente e ben recitata, ideale per una serata senza troppe pretese, nello spirito dei classici film di volo catastrofici degli anni ’70 e degli action anni ’80. La trama è originale anche nel suo scardinare la “grammatica” dei film stile Airport, forse però in questo scontentando chi si aspetta un approccio più drammatico alla materia. L’azione è sempre concitata e spettacolare. È quasi un piccolo Con Air. Peccato per una sottotrama a sfondo spionistico che andava decisamente ripensata. Per gli amanti dei film action “old school”, degli aerei e delle simulazioni di volo, decisamente consigliato.
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