Napoli dei giorni nostri, Torre Annunziata.
La solare parrucchiera Jasmine (Marilena Amato) si fa fare le carte. Chiede notizie sulla famiglia, chiede se le carte vedono una bambina a fianco dei suoi tre figli nell’imminente futuro. Le carte non dicono molto, ma quella bambina continua ad apparirle in sogno.
Nel sogno si trova al salone quando fuori dalla porta a vetri appare suo padre, recentemente scomparso per una malattia dovuta all’amianto presente sul posto di lavoro. Il padre la saluta con la mano e ha al suo fianco una bambina. La bambina va incontro a Jasmine e il padre, felice, scompare.
Jasmine torna a trovare il padre al cimitero in cerca di risposte. Poi le cerca nella scienza, infine nella sua famiglia. Per i medici Jasmine non può più avere figli, la gravidanza sarebbe troppo complessa.
Con il consenso dei suoi cari si può invece adottare. Magari qualcuno che ne ha davvero bisogno, a cui si può dare calore e cambiare in meglio la vita.
Jasmine è decisa.
Il suo primogenito di vent’anni, Vincenzo, avviato anche lui alla professione di parrucchiere, non ha niente in contrario. Da sempre è il coccolone della mamma e anche in questo suo sogno è solidale, le promette di aiutarla e sostenerla a prescindere.
Il tredicenne Manuel e il piccolo Luca non hanno particolari obiezioni.
Il marito Nino (Gennaro Scarica) questo storia non la capisce. Sogna di aprire a Capri un nuovo salone per i mobili che produce come artigiano, vede che hanno già tre figli da coccolare, non sono più giovani, c’è il mutuo. Perché adottare pure costa, si dice intorno a 25.000 euro che loro attualmente non hanno. Dove li trovano?
Ci sono poi gli esami medici, incontrare gli assistenti sociali, ricevere valutazioni psicologiche e approvazioni burocratiche, poi solo alla fine si può partire per incontrare l’adottato. Se il bambino ha problemi di salute poi i tempi di attesa si riducono, ma si può voler scegliere di base un “bambino problematico”? Non è detto poi che si possa “scegliere”, in ogni caso, fra un bambino o la bambina che vorrebbero Jasmine e suo padre nel sogno. Si adotta chi ha necessità, non si fanno preferenze di altro tipo. Potrebbe arrivare benissimo un “quarto” maschio.
Nino è confuso e tira dritto per Capri e il futuro della famiglia. Jasmine continua a pensarci, con il tempo che passa. La donna prende contatti con un orfanotrofio in Bielorussia. Ogni tanto chiede della situazione della guerra da quelle parti. Vede filmati di città lontano coperte dalla neve, sogna di riuscire nel suo piccolo a “offrire calore” a qualcuno.
Intanto la vita va avanti. Forse Vincenzo dovrà andare a Milano per lavoro, Nino ha già pagato la caparra per Capri. Restano i soldi del processo per il risarcimento danni del padre, per la questione dell’amianto. Jasmine decide di prendere da sola la decisione: la annuncia pubblicamente come cosa già fatta a una festa. Nino è attonito.
Si potrà partire?
È un film tutto parlato in napoletano stretto come Gomorra, ma che racchiude al suo interno un linguaggio universale fatto di tanti gesti e “certificazioni burocratiche” di affetto.
Racconta con un linguaggio visivo ed emotivo quasi “documentaristico”, molto vicino al cinema sociale dei fratelli Dardenne, la storia vera “dell’incontro” di una famiglia di Napoli con una bambina dell’est. È un incontro che nasce prima di tutto a livello emotivo, partendo come una “inquietudine”, dal desiderio della protagonista di sentirsi di nuovo madre, dando voce a una interiorità che lei percepisce come “una volontà del padre scomparso”.
Questo desiderio positivo si allarga alla possibilità concreta di adottare e inizia a “contagiare” anche i membri della famiglia di Jasmine, “rimbalza” nel giro delle conoscenze, si fa sempre più concreto, arriva alle istituzioni e tempi tecnici.
Poi il film ci racconta la sospensione, l’attesa e forse il ripensamento. Per superarlo serve il supporto di tutto il gruppo familiare e amicale: la certificazione che “non si è pazzi”. Infine avviene l’incontro e tutto cambia di nuovo. La famiglia scopre che c’è un mondo infinitamente grande a cui si può offrire il proprio aiuto.
È una mini-saga in tre tempi, che Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman sono molto attenti nel descriverci nella quotidianità, dando voce e volto ai mille problemi, dubbi, sogni e speranze con cui deve districarsi oggi una famiglia che si impegna nell’adozione. È quasi un’opera formativa quindi, “manualistica”, magari per gli interessanti da abbinare al bellissimo libro sull’adozione di Leo Ortolani, Due figlie e altri animali feroci.
Dietro all’occhio documentaristico, i due registi ci raccontano con garbo come possono “rimodellarsi” le dinamiche famigliari degli adottanti, “tra il dire e il fare” questa scelta di vita.
Ci parlano dei possibili punti di “incomprensione” sull’iter di abbinamento, sulle differenze culturali da capire, sulla necessità di venire incontro a esigenze anche di salute. Ci parlano della “genuina e bellissima incoscienza” di voler incontrare e amare uno sconosciuto come fosse un figlio proprio. Grazie all’ottimo casting, tutto viene descritto con estrema naturalezza e genuinità, come se ci trovassimo davvero davanti alle persone reali che hanno ispirato questa storia.
Il personaggio interpretato da Marilena Amato ci parla della grande forza che può sprigionare da un abbraccio e fa di tutto per poter abbracciare una bambina che ancora non conosce. Il personaggio di Gennaro Scarica è molto critico e scuro in volto, ma all’incontro con il destino si porta dietro uno zaino con dentro un pallone da calcio e delle caramelle.
Ci viene descritta, da una fotografia molto carica di colori, un Torre Annunziata “incasinata quanto vitale”, piena di gente ma anche di iniziative legate al volontariato: un territorio fertile per l’accoglienza e l’integrazione.
Considerando l’attuale momento storico, impastato di paure e conflitti, Vittoria è un film che celebra la vittoria dell’altruismo sul cinismo. Un film semplice quanto prezioso, da far vedere magari a persone che si stanno convincendo dell’idea di diventare adottanti, ma pure a chi ha solo “paura” dell’idea di costruire una famiglia.
Un film utile per parlare davvero del “futuro”.
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