Ci troviamo a Fremont, California, all’interno di un quartiere dove vive un grande comunità di afgani.
Tutti si trovano lì dopo aver dovuto lasciare la loro terra e la loro casa con il ritorno dei talebani. Vivono “sospesi”, cercando di rifarsi una vita e accompagnando i bambini a scuola.
La notte, le stelle in America non stanno ferme come a Kabul. Continuano a spostarsi e questo porta molta inquietudine a tutti. La notte, la giovane Danya (Anaita Wali Zada) ha bisogno di dormire, ma non ci riesce. Passa le ore a occhi aperti, sul divano, senza pensare a nulla, giusto ogni tanto alzandosi per fumare una sigaretta in terrazzo.
Si sente “mediamente felice”, ma non dorme. Lavora a San Francisco, a un’ora da Fremont, in una piccola e simpatica impresa cinese che confeziona da due generazioni biscotti della fortuna.
È addetta alla stesura della pasta e incartamento, al fianco dell’ormai inseparabile amica Johanna (Hilda Schmelling), che le propone di lanciarsi come lei in sempre più strampalati appuntamenti al buio. In genere l’amica descrive ogni incontro avuto come un mezzo disastro, non aiuta gli incontri galanti di Johanna il fatto che viva con sua madre in un piccolo appartamento, condividendo un unico letto
Il principale di Danya è un tipo sempre allegro e propositivo, che durante la pausa caffè gli racconta ogni giorno di quanto sia bello dare un po’ di felicità con un biscotto, di come, a volte, a volte sia “la frase stessa contenuta nel biscotto a guidare la fortuna”. Lei non è che lo segua fino in fondo.
Dopo il lavoro, prima di rincasare, Danya si ritrova spesso in un ristorantino arabo a mangiare sempre lo stesso piatto e guardare una telenovela insieme all’anziano gestore, anche se ci sono spesso delle repliche. Non si capisce se per i due è più importante la telenovela o incontrarsi per parlare, ma sembrano avere un rapporto quasi padre-figlia.
Certo, se solo riuscisse a dormire. Se solo le sue giornate non apparissero tutte uguali e sospese. Forse potrebbero esserle utili delle pillole per dormire, ma bisogna prima entrare in lista di attesa. Per tagliare i tempi Danya chiede al suo vicino di casa Salim, con cui condivide qualche sigaretta notturna, di passargli a scrocco il suo appuntamento dallo psicologo, previsto a breve ma a cui lui non ha nessuna intenzione di andare.
È così che Danya incontra il simpatico ma stranissimo Dottor Anthony (Gregg Turkington). La ragazza non segue troppo i ragionamenti dello psicologo, similmente a come non segue troppo la filosofia del suo principale sui dolcetti della fortunata nelle pausa caffè.
Il Dottor Anthony insiste per leggerle dei brani del libro Zanna Bianca, invitandola a ragionare sulle molte similitudini che lei dovrebbe avere in comune con la storia di quel cane. Non si parla di Fremont, ma della vita precedente della ragazza.
Il fatto di trovarsi in terra straniera, il fatto di aver vissuto sotto la guida di altre persone in situazioni tragiche. Piano piano emergono da Danya le ragioni profonde del suo malessere: uno stress post traumatico in piena regola, fortemente legate al suo pregresso lavoro di traduttrice per l’esercito americano in Afganistan. Lo faceva in quanto “un lavoro come un altro”, ma forse non la pensava davvero così, specie quando i talebani assalirono le basi, ci furono scontri e morti, e lei dovette scappare in America.
Danya si sente fortunata per essere sopravvissuta agli attacchi alle basi, ma forse non è ancora pronta a commuoversi pensando al passato, sciogliendosi in un mare di lacrime alla lettura di Zanna Bianca. Forse come non è ancora pronta alla sua “nuova occupazione” nella fabbrica dei biscotti della fortuna.
Danya ha infatti avuto la s-fortuna si sostituire la addetta alla compilazione dei bigliettini fortunati, morta di vecchiaia e di colpo, con la testa riversa sulla tastiera in pieno orario lavorativo. Il capo ufficio è sempre propositivo e pensa che per il ricco vissuto di Danya la ragazza sarà in grado di creare bigliettini bellissimi.
Solo le persone che hanno vissuto in modo intenso la vita possono comporre bigliettini memorabili. La ragazza, che ancora non si sente come Zanna Bianca, è confusa. Il suo primo componimento è “se cerchi la fortuna, è in un altro biscotto”.
I seguenti non sono troppo meglio. Prova a scrivere dei bigliettini al suo posto pure il Dottor Anthony, ma sono cose decisamente criptiche e cervellotiche.
Il titolare crede però così tanto in Danya e nel suo futuro da grande scrittrice di biglietti della fortuna: cerca di spronarla di nuovo. Le racconta che forse solo le persone felici possono scrivere buoni biglietti. Specifica che sono “davvero felici” solo le persone innamorate e non quelle stronze, che invece fingono.
Forse prima di tutto Danya dovrebbe trovare l’amore, per poi comporre buoni messaggi per i biscotti. Ecco il colpo di genio, se vogliamo figlio anche delle ossessioni dell’amica Johanna. In un bigliettino della fortuna la ragazza scrive : “Danya, in cerca di fortuna” con in seguito il numero del suo cellulare. Viene incartato e spedito. Qualcuno lo riceverà. Avrà così un incontro al buio con la fortuna la nostra eroina?
Forse.
Perché qualcuno risponderà a quel biglietto.
Che cos’è la fortuna? Che cos’è la vera felicità? Che cosa comporta il “sopravvivere”, di fatto perdendo parte della propria esistenza nel passaggio?
Sono questi i temi esistenziali che scalpitano all’interno di una commedia psicologica dalla struttura impeccabile, gioiosamente divertente, intelligente quanto profondamente fresca, accessibile a ogni tipo di pubblico.
È un piccolo capolavoro di stile e scrittura il film in bianco e nero di Babak Jalali.
È una pellicola che diverte per come fa suo oggi il cosiddetto “sogno americano visto dagli stranieri”, di fatto richiamando satiricamente una visione a stelle e strisce ingenua, ordinata e accogliente, come quella dei film anni ‘50.
È un film con battute e sketch fulminei, uno dopo l’altro, che a tratti ci fa pensare a Woody Allen e a tratti i film più divertenti e scombinati dei fratelli Coen.
È un film che si guarda con il sorriso stampato sulle labbra, sperando che anche la nostra protagonista riesca a ridere un po’ di più nella sua vita, di fatto affrontando quel vuoto emotivo che l’ha difesa dal dolore, ma che ora l’ha spremuta troppo di ogni emozione.
Ogni cosa è al suo posto, ogni interprete funziona meravigliosamente con gli altri, la trama cattura fin dal primo minuto e non abbandona fino alla fine, si vorrebbe non uscire dalla sala e vedere come vanno avanti le cose.
Fremont è un'esperienza cinematografica da provare, al punto che non voglio concedervi altri dettagli che forse potrebbero rovinarvi le sorprese della trama.
Andate al cinema e godetevelo come un biscotto della fortuna, ne vale la pena.
Talk0
Nessun commento:
Posta un commento