Sinossi fatta veramente male, mea culpa: In quella che pare una specie di dimensione parallela alla nostra, vivono le divinità greche e continuano a battibeccarsi fin dai tempi di Omero. Ogni divinità ha il suo bel manipolo di soldati che ciclicamente se le danno di santa ragione facendo uso di particolari poteri che vengono sviluppati da strane auree in qualche modo legate a delle costellazioni. Un giorno un cavaliere d'oro riesce a fuggire da questa dimensione approdando al nostro mondo, recando con sé una simpatica frugoletta che pare essere la reincarnazione della dea Athena. Nel Grande Tempio, sede del potere spirituale-militare di Athena, il Grande Sacerdote, capo religioso del cucuzzaro, pare uscito tutto pazzo e sta complottando per una successione non ortodossa dopo aver rapito una bimba-sosia. La bimba viene trovata da un ricco magnate, un autentico cavaliere del lavoro, che giura al cavaliere d'oro in fin di vita che se ne occuperà, trasformando nel contempo dei poveri orfani in spietate macchine da guerra. Passano gli anni e la frugoletta diviene una bella ragazza con i capelli viola del tutto ignara del suo passato. Ora ha sedici anni ed è tempo che sappia chi è in realtà e che torni a regnare sul Grande Tempio. Il suo passato le viene raccontato dall'autista con la stessa noncuranza con cui si racconta al bar una barzelletta sconcia, fino a che succede un casino in autostrada e macchine realizzate con una computer grafica orribile esplodono dappertutto. Arriveranno a sbarrarle la strada e magari stroncarle la carriera da idol (la doppiatrice canta pure le canzoni della pellicola) i seguaci del Grande Sacerdote. Ma ad affrontarli ci sono cavalieri a lei fedeli, perché un matto sedici anni prima li ha rastrellati da degli orfanotrofi per farne dei combattenti stile Tana delle Tigri. Questi eroi, armati di supermosse di arti marziali dai nomi pazzeschi, faranno di tutto per proteggere Athena e assisterla in questo straordinario e inaspettato capitolo della sua nuova vita. C'è un Grande Tempio da ribaltare.
Mamma che fatica cercare in due righe di spiegare male la trama del film tratto e rimescolato da una delle saghe più contorte dei cartoni animati giapponesi anni ottanta. Mamma che follia racchiudere lo spirito di (almeno) 150 puntate dell'anime (che continua poi un casino e manco ora può dirsi "esaurito" in poco più di novanta minuti. Ci vuole certo del coraggio, uno spirito ardito, per mettere insieme un prodotto come questo, che prende anche strade narrative e grafiche diversissime dall'originale, e riuscirne comunque a trarne fuori quello che è senza dubbio uno spettacolo gradevole, divertente, bello da vedere sul grande schermo. Perché ve lo anticipo, il risultato finale non è poi così malvagio come era lecito aspettarsi. Ma facciamo un passo indietro.
Ai tempi di Araki. Un tempo miei cari lettori esisteva in giappolandia, un autentico mito, un artista grafico almeno a livello di Michelangelo Merisi, di nome Shingo Araki. Babil Junior, Lady Oscar, Lupin, Goldrake, Rocky Joe, pensate ad alcuni degli anime che più vi sono piaciuti da piccini ed è probabile che nella vostra personale top ten ci sia un'opera curata da Shingo Araki. Araki faceva di necessità virtù una delle principali caratteristiche-limite della animazione nipponica, la mancanza di soldi. Il geniale autore componeva disegni prevalentemente statici ma dall'incredibile impatto visivo grazie non solo al suo tratto eccezionale (che catalizzava subito l'attenzione per mille dettagli e acconciature irrispettose della gravità) ma anche a complessissimi giochi di luce, sovrapposizioni di immagini e una regia a prova di bomba che rendeva incredibilmente movimentata roba che, salvo per pochi dettagli, era per lo più ferma. Un genio. Per molti il top del top Araki lo raggiunse in una complessa operazione commerciale made in Toei finalizzata a vendere uno sterminato numero di pupazzetti e che mosse i passi da un manga dello sgraziatissimo disegnatore e autore Masami Kurumada. Dove Kurumada disegnava piedi quadrati, proporzioni "accazzo", visetti tutti uguali e tutti infantili perlopiù ricalcati da Captain Tsubasa, Araki, in pieno e sacrosanto delirio di onnipotenza, trasformava in animazione quei brutti bozzetti in pura arte visiva, una melodia grafica summa e sintesi di tutta la sua vasta esperienza, accompagnata da una colonna sonora a metà tra l'Hard Rock e l'opera classica. Al cospetto di cotanta bellezza, in Italia si scelse pure di dare ai dialoghi un tocco particolarmente aulico, puntando su un doppiaggio dalla forte componente drammaturgica. Il resto è storia. I Cavalieri dello Zodiaco, nonostante un nome che faccia pensare all'inserto estivo di Astra, tra fumetti, pupazzetti e serie animate, vivono e prosperano ancora oggi, anche se i fasti della classica serie di metà anni ottanta ormai sono lontani e Araki ha raggiunto in cielo Leonardo, Van Gogh, Tezuka, Kon, Magnus e Goscinny. Con il tempo l'animazione di tipo "Arakiano", in mano a gente non dello stesso livello, ha iniziato a far trasparire mille limiti e le nuove tecnologie l'hanno decisamente messa in soffitta. Anche lo stesso brand dei Cavalieri con il tempo si è ristretto, diventando per un pubblico sempre più di nicchia (anche se agguerrito) e al contempo un prodotto sempre più economico (la saga di Ade, giunta solo a metà del 2000 è un esempio di questa deriva).
Svecchiare e omaggiare. Le nuove idee per rivendere la storia ai giovani dal punto di vista televisivo hanno fallito i grossi numeri, laddove i manga vanno ancora una meraviglia e i pupazzetti, ora prodotti dalla Tamashii sono qualcosa di fenomenale nonché vendutissimi. Serie come Los Canvas e Omega letteralmente "si perdono", rimangono incompiute. Nuovi capitoli della saga classica cincischiano a uscire, perché Kurumada è pure lentissimo e odia visceralmente i cavalieri, al punto da scrivere sei vignette all'anno. Così si è pensato al rilancio con la computer grafica dando in mano a Keiichi Sato, non a caso, l'arduo compito.
I problemi alla base di questa operazione sono evidenti e fin da subito hanno catalizzato l'attenzione dei fan, per la maggioranza detrattori sul nascere di questo film.
Il primo riguarda l'irriproducibilità del tratto "iniziato da"Araki in ambito di computer grafica. Il secondo, che ne è diretta conseguenza, è relativa alla ancora incredibile e implausibile arretratezza dell'animazione computereizzata giapponese. Il terzo è voler condensare e "rebootare" in così poco tempo un'opera che aveva fascino proprio perché descriveva centinaia di personaggi e allestiva combattimenti che duravano in tv ore, ore ed ore. Ma partiamo con ordine.
Ora, Araki nascondeva nelle sue stupende tavole il combattimento effettivo dei cavalieri. Ma al computer non si può fare altrettanto, le cose bisogna vederle per bene. Così un cavaliere alzava un pugno, urlava una frase d'impatto e in sottofondo Araki ci piazzava un mega-pugno, un drago, un leone o un pollo stroboscopico parzialmente animato. E magicamente l'avversario del cavaliere veniva colpito da raffiche colorate. Noi raggiungevamo negli anni ottanta l'orgasmo istantaneo.
Oggi devi animare il cavaliere che alza il pugno, devi animare il drago frame by frame e deve vedersi chiaramente l'impatto, o pare che il personaggio sia colpito da uno strumento scioglipancia invisibile by Mediaset Premium ecc. E allora bisogna stare a disegnare una specie di missili colorati che vengono "sparati dal personaggio" come se c'avesse la mitragliatrice incorporata o peggio. Una tecnica grafica che di fatto si è già palesata nei videogiochi sui Cavalieri dei tempi della ps2, ma quasi una bestemmia per i fan storici.
Il secondo punto è la drammatica situazione dell'animazione computerizzata. Produrre animazione di qualità in Giappone è possibile, la saga di Final Fantasy lo dimostra, ma costa una botta assurda. Così ci becchiamo magari dallo stesso regista, Aramaki, un film galattico come l'ultimo Harlock e un film bello, ma con la fisica tutta sballata e poco di impatto come l'ultimo Appleseed. Che poi son gusti personali, sia chiaro, ma la fisica dei veicoli e i dettagli facciali sono ancora secoli indietro alla Pixar, tanto per non infierire... Come fare per bypassare il problema di facce poco credibili e di fisica degli oggetti inanimati così così? Rivoluzionando il Chara design. Sui visi e acconciature, così come sulla fisica dei veicoli (davvero orribili e fintissimi) il team si attesta sul triste ma rassicurante livello "Final Fantasy wannabe", sicuri di romperci le ossa e di dare forma a personaggi animati meno convincenti, per legnosità a quelli di Tekken 2. Il risultato finale è meno accattivante di questo.
Ma per i combattimenti eccoti tirata fuori la carta Keiichi Sato, regista di una bombetta come Tiger & Bunny, che ovviamente quei fessi dei distributori italiani continuano a non portare in Italia.
Avete come un deja vu vero? Animazione tradizionale mixata a computer grafica con personaggi in armature integrati completamente realizzate al computer che funzionano visivamente benissimo. Basta quindi chiamare l'esperto (scuderia Sunrise) e applicare la stessa tecnologia ai Cavalieri e bypassare il problema della espressività facciale fornendogli delle armature provviste di elmo dal quale si veda il meno possibile del volto del personaggio. A questo sommate le scie di luce "da videogame" e addizionate il tutto con la maestria millenaria dei giappi nel riprodurre al computer armature piene di riflessi, combinata alla resa convincente di scenari fantasy dalle forti geometrie bene riproducibili con la computer grafica (sempre nipponica) fin dai tempi di questo gioiellino Namco (parliamo di tecnologia del 1997..).
Sommando questo, più questo più quello, ecco che otteniamo il trailer dell'ultimo film dei Cavalieri, in spagnolo che mi fa più sangue.
Tante armature integrali, pochi dettagli sui volti e quando capita dettagli così così, tanti scenari fantasy ed armature. Certo non ricorda più molto questo...
Ma è poi così male il lavoro grafico relativo a questo film in computer grafica? Lo vedremo a fine recensione.
Rimane il terzo punto, la voglia di "condensone" finale-totale. Per risparmiare tempo e giungere di gran carriera al picco della prima stagione animata del 1986, i nostri eroi sono stati un po' sintetizzati e resi macchiette umoristiche. Partiamo dalla sintesi. La sintesi è piuttosto forzata, paiono quasi le Tartarughe Ninja nell'ultima variante-Bay. Pegasus sembra Michelangelo il battutaro, Crystal pare Leonardo il soldatino, Phoenix è decisamente Raffaello il lupo solitario, Sirio il saputello Donatello e Andromeda naturalmente è April! Qui aspetto il mare di improperi... ma sto parlando di come appaiono in questo anime, non di come appaiono nel cartone animato classico! Perfino le loro armature sono rese similissime tra di loro ed esteticamente distinguibili ad occhio solo per una certe componente cromatica predominante. Un po' come i Power Ranger. Certo a guardarle bene, su grande schermo, sono tutto un delirio di libidinosi dettagli, ma il "colpo d'occhio" è quello. E arriviamo dunque all'umorismo, il modo più diretto per far interagire i personaggi. I cavalieri di Athena sono degli incredibili mattacchioni e fanno più scenette buffe qui che in mille puntate. Per darvi un'idea del tipo di umorismo, ecco che dall'etere mi piomba la nuova pubblicità della Frisk...
Ecco l'esatto tipo di umorismo che troverete in questo film. Anche tutti gli altri personaggi sono stati sintetizzati, ristretti, sminuzzati di conseguenza. Ma è un male?
Dai, in fondo mi sono divertito! Confesso di essermi approcciato a questo film nel modo migliore possibile, con aspettative bassissime. Le armature "ripensate" mi piacevano e mi piacciono molto anche dopo la visione, nonostante un paio che non si possano proprio guardare. Parto degli Oro. Quella di Acquario è per me bruttarella forte, ma pure Scorpio e Pesci non si possono vedere e Capricorno non mi esalta per nulla. Le altre sono invece per me decisamente belle. Le armature dei bronzi hanno bei dettagli ma sono davvero tutte troppo simili tra loro. I silver sono "urendi", Beetlejuice a parte. Messo da parte questo aspetto "ludico", mi sono rilassato e ho preso il tutto come un mega fanservice. Il doppiaggio è affidato ad Ivo de Palma e molti dei doppiatori originali sono tornati. De Palma sforza un po' la voce ma fa: "Fulmine di Pegasus ...iiiiiiaaiiiiiiiiiii", e io sono felice. L'ambientazione fantasy-fantascientifica del Grande Tempio è bella e fa presto dimenticare le prime scene della pellicola, in un contesto urbano che per dettaglio grafico è abbastanza svilente. La caratterizzazione dei personaggi, soprattutto dei bronzi, fa davvero, troppo, Winx Club. In compenso gli Oro sono tamarrissimi, pieni di piercing e tatuaggi, paiono usciti da Fast'n'Furious e mi sono piaciuti un sacco (tranne Acquario e Pesci, brutterrimi per me pure come chara). Ho atteso spasmodicamente i momenti in cui calavano le maschere integrali e incominciavano le botte, botte che sono copiose e ben gestite, caratteristiche per ogni personaggio, iconiche. Lo spettacolo visivo degli scontri è ottimo, l'azione è coinvolgente e frenetica, una vera figata. Certo, più che Saint Seiya pare a volte di vedere cose riprese da videogame: un duello di Soul Calibur o un backstage da God of War, ma l'atmosfera c'è, il gioco visivo funziona. La sfida in questo campo per me è vinta.
Rimane l'ultimo sassolino, la trama. Pur nella pervicace "simpatia nipponica" di buttare prima tutto in burla per poi arrivare ai classici momenti da fine-del-mondo stile Akira, il mix si fa apprezzare probabilmente da chi è affetto in modo acuto dal morbo della nostalgia. La trama semplicemente non sta in piedi, narrativamente è un incubo e sembra alle volte che i personaggi, anche quelli apparentemente seri, siano un branco di cretini. Molti passaggi "lollosi" sembrano a puro beneficio dei vecchi fan e rimangono davvero oscuri ai più. Il film vive davvero di un sacco di "cose strane". C'è il momento alla "Nightmare before Xmas" con protagonista Death Mask che non ha senso, non ha scopo, ma che è una figata. Aldebaran mangione impunito pare uscito da A Christmas Carol di Zemekis. Saga a un certo momento pare essersi sdoppiato sul serio con stranezze di trama conseguenti. Shaka ha dei brutti tatuaggi sulla faccia, stile cantante rock jappo anni '80, mi ricorda Satomi di Kiss me Licia. Gag sul peso di Athena e Dragone che sta sempre in armatura perchè "non ha vestiti". Il film è pieno di robine così, senza un perché, che lo rendono decisamente buffo. Alla fine tra scontri apocalittici e scontri ridicoli, personaggi mitici e personaggi scemi, ci si diverte, si scinde il prodotto con l'originale facendoci una bella riga sopra e si torna a casa contenti. Magari qualcuno però questo passo non lo riesce a fare e lo rispetto, chi si è lamentato che il film in computer grafica di Harlock tradiva il personaggio non oso immaginare cosa direbbe di questo. In fondo un'opera che vende per i ricordi dovrebbe essere un po' più propensa a rinverdire tali ricordi. Ma, lo ripeto, se non siete troppo gelosi rispetto ai vostri ricordi, qui c'è da divertirsi, da tornare bambini, magari con risate di grana grossa e con un po' di rimpianto. Ma qualche pupazzetto il film riuscirà sicuramente venderlo. E poi c'è Ivo.
Grazie Ivo.
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