giovedì 8 gennaio 2015

Gone Girl - L'amore bugiardo - La nostra recensione !




Sinossi (giusto la presentazione dei personaggi, roba da trailer): Nick e Amy Dunne. Una coppia di giornalisti glam che la crisi economica e qualche piccolo dissesto familiare ha portato a vivere da qualche parte nel Missouri.
Lui, un po' bamboccione un po' fedifrago, gestisce un bar insieme alla sorella. Beve parecchio, si fa due palle così, colleziona giochi da tavolo. 
Lei, splendida bambolina di porcellana dall'aria arcigna, passa le giornate a casa a fare non si sa bene cosa, ma legge molto. Amy ha poi una "sorella letteraria" di nome "Mitica Amy". In pratica i suoi (pazzi) genitori sono scrittori e hanno modellato su Amy la protagonista di una serie di romanzi per ragazzi. Se Amy smetteva di andare a danza, Mitica Amy diventava star del balletto internazionale. Se Amy mollava gli studi, Mitica Amy diventava neuro-chirurgo. Se Amy voleva un cane non glielo portavano a casa, ma ne davano uno a Mitica Amy, perché per un personaggio letterario avere un cane è tenero e non sporca. Insomma, roba che regalerebbe anni di psicanalista a chiunque e che non giova certo ad Amy, costringendola di fatto a recitare a vita il ruolo della figlia perfetta.
Poi un giorno Amy scompare.
E ci sono parecchie tracce di sangue in casa.

 

Chi spoilera muore!! David Fincher porta sullo schermo una vicenda che si presenta all'inizio come la classica, banale, vicenda di rapimento, un giallo dall'esito scontato, con i poliziotti ottusi, gli avvocati, la stampa cittadina e la signora in giallo (che qui grazie a Dio non compare...). Solo che dietro c'è dell'altro, molto di più. La storia, scritta dalla promettente autrice Gillian Flynn, è una piccola bomba, qualcosa di decisamente insolito, con una narrazione aguzza e imprevedibile.
Il terreno di partenza è stimolante. La provincia opulenta e sonnolenta appare nella sua versione più cruda, il cosiddetto "gotico americano", esplorato tanto da Tim Burton che da Gus Van Sant che dai Cohen. Dietro alla eleganza plastica di quartieri fatti di casettine tutte uguali e tutte ordinate, con piante geometricamente inserite nel vialetto e casalinghe intente in gare culinarie, si nascondono cuori tormentati, costantemente in ostaggio alla deriva del mondo, in attesa della occasione buona per scappare o per esplodere (Mettiamoci dentro pure Uwe Boll di Rampage, già che ci siamo).
Vorrei aggiungere altro, ma questo è il tipico film che deve rimanere blindato, che si può rovinare davvero con un nonnulla. Cercate quindi di rimanere indenni dal pericolo, scansate tutte le recensioni che accennano troppo, provate a entrare in sala completamente ignari dello spettacolo e non ve ne pentirete.
Fincher è glaciale, diretto, inesorabile. Ultimamente sta cercando di percorrere i passi di Hitchcock e gli riesce pure bene, tanto nelle atmosfere che nella direzione degli attori. E gli attori di questa pellicola sono letteralmente perfetti per la parte.

Non so cosa mi stia accadendo ma è dai tempi di Argo che Ben Affleck è uscito trionfalmente dal mio libricino nero. In questo film l'ex compagno di J.Lo (ma che fine avrà fatto J.Lo?) recita il suo classico ruolo di tante commedie come film drammatici (che poi è lo stesso "personaggio" interpretato anche da Ashton Kutcher). L'americano medio di provincia, dai buoni e genuini sentimenti, un po' truzzo e un po'  insopportabilmente maldestro, dal sorriso che conquista le fan ma che lascia interdetto il pubblico maschile. Fincher prende il modello "così come è", puro e senza alcuna sovrascrittura ulteriore e lo porta lontano da commedie e drammetti rosa, su lidi inediti, lo getta nel thriller e ne palesa così, anzi ne urla, la stupidità manifesta. Autentico orgasmo meta-cinematografico. Affleck sta al gioco e "torna nell'apparenza" all'attoraccio che era nel pre-Argo, un autentico atto di umiltà e autocritica (anche al suo sorrisetto sbilenco), da applauso. Per una volta questo personaggio lo sentiamo davvero umano, autentico e arriviamo quasi a provare pena per lui.
Rosamund Pike, che da cinefili di quarta categoria ricordiamo giusto per Doom, La furia dei titani e La fine del mondo di Wright con Simon Pegg, interpreta una aristocratica un po' snob e un po' disturbata. Una aliena capitata in provincia, che ci richiama parecchio un certo ruolo di molti lifting passati di Nicole Kidman. All'apparenza la moglie modello da pubblicità americana anni '50. Nella sua inumanità-immaterialità diviene ben presto il principale elemento di osservazione dello spettatore, al punto che si può dire che il film si regga sulla sua straordinaria interpretazione. E la Pike è perfetta, magnetica, ruba la scena a tutti come una grande diva. Probabilmente un ruolo da Oscar.
Il resto del cast gioca un ruolo marginale, in qualche passaggio normalizza il fin troppo l'esplosivo materiale di partenza quasi a ridurlo a un gialletto da rete 4 . Ma è tutta strategia, tutto un abbaglio, delle scene fuori di testa sono lì ad attendervi dietro l'angolo.
La sceneggiatura è davvero qualcosa di vertiginoso e vi arrovellerà la testa anche dopo i titoli di coda come solo i thriller migliori sanno fare.
Gone Girl è una pellicola da non perdere e da gustare così, a scatola chiusa come il miglior regalo di Natale inatteso. Poi se vorrete ne parleremo spoilerosamente nei commenti...
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