Gli artisti e il loro legame speciale con la natura: Nel 1920 il poeta Paul Valéry compone Il cimitero marino. Nell'opera l'autore immagina di trovarsi nel suo paese natale, a Sete, sopra di una collina dalla quale si guarda il mare. Il mare, un tetto quieto sul quale passeggiano i colombi e i triangoli delle barche a vela. Sulla collina è possibile contemplare e perdersi nella contemplazione di una natura lussureggiante, un tesoro che non si contamina. Ma l'unico luogo da cui è accessibile all'autore lo splendore di questo panorama è il cimitero di Sete. Il sole di mezzogiorno, palpitando tra pini e tombe, dà al mare sfumature rosso fuoco, crea infinite composizioni cromatiche facendo uso dell'incespicarsi delle onde. E quando il sole si irradia sulle profondità marine, il tempo si trasforma in luce e il sogno in conoscenza. L'autore si perde in queste immagini, riflette su quanto è piccolo e impotente dinnanzi alla grandezza del mondo e potrebbe forse stare lì per sempre, a limitarsi a guardare, come le tombe del cimitero di Sete. Ma ecco che qualcosa lo smuove, la natura stessa lo invita a destarsi. Il vento.
Il vento si alza. Bisogna sforzarsi di aderire alla vita. L'aria immensa dà inizio e compimento al mio testo, mentre l'onda delle rocce coraggiosamente sgorga in mille spruzzi. Prendete il volo, pagine imbiancate! Onda, irrompi con il tuo moto vivace: frangi, sommergi questo tranquillo tetto, dominio di vele triangolari. (trad. ultima strofa de Il cimitero del mare di Paul Valèry).
Ci sono molte interpretazioni di questi versi bellissimi, offerte da persone molto più preparate di me. A me piace molto il modo di leggere questo testo in riferimento al lavoro degli artisti. Ci sono persone che possono solo sognare. Persone che vivono nel flusso della natura, nella consapevolezza della propria caducità. Ogni tanto nascono persone che possono rendere reali i sogni. Persone in grado di lasciare un segno nella storia grazie all'ispirazione. Uno stato di grazia che permette di rivoluzionare le cose, offerto dalla natura stessa, forte e impetuoso come il vento nel suo potere di affascinare e cambiare la vita delle altre persone (permettendo alle pagine del poeta di prendere il volo). Tuttavia l'ispirazione, come il vento, prima o poi è destinata a esaurirsi. Nella pellicola, crudelmente, in riferimento ai progettisti aeronautici, si dice che possa durare solo una decina d'anni in tutta la vita. Accettare questa realtà, come accettare la caducità della vita. Per questo è necessario sforzarsi di aderire alla vita, non rinunciare a vivere o costruirsi una famiglia o regalarsi una piccola gioia, inseguendo infiniti sogni. Anche perché una volta scritte le pagine del poeta o realizzata una qualsiasi opera, argomento che George Lucas non sembra comprendere, tali sogni sono infine destinati, nel loro prendere il volo, a diventare parte, strumenti o ispirazione dei sogni di altri. Magari strumenti di morte come nel caso degli aerei, ali meccaniche frutto dei sogni di un giovane giapponese, protagonista dell'ultima pellicola di Miyazaki, tratta da un romanzo di Tatsuo Hori.
Ben visibile, sotto le colorate ali degli aerei di Caproni, una ricca schiera di bombe |
Sinossi: Il piccolo Jiro sogna di librari in volo al comando di un piccolo aereo variopinto. Sorvolare la campagna in cui è nato e, dopo essersi assestato degli occhialoni da pilota, dare battaglia a strani uomini ombra che a bordo di strane aeromobili cercano di portare la guerra nel suo paese. Ma i sogni finiscono male, perché Jiro sa di essere miope e che nella realtà non gli sarà mai consentito pilotare un aereo. Tuttavia un giorno nelle mani del piccolo Jiro compare una rivista che tratta dei suoi tanto amati aerei, con un articolo che illustra le mirabolanti creazioni del conte Caproni, che da subito diviene il suo idolo. Da allora nei sogni di Jiro il progettista aeronautico italiano inizierà a comparire come suo mentore, alimentando in lui la voglia di diventare un grande costruttore di aerei.
Anni dopo Joro è diretto a Tokyo in treno mentre irrompe, anticipato da rumori sinistri, il terrificante terremoto del Kanto del 1923. Sul treno, che interrompe la marcia per via di danni al percorso, Jiro incontra una bellissima ragazza, dando soccorso alla sua accompagnatrice. Con il tempo, grazie al suo talento e curiosità, Jiro inizierà a muovere i primi passi nel mondo della progettazione aeronautica, riuscendo a trovare lavoro presso una grande ditta in un periodo storico in cui soffiano minacciosi venti di guerra. Durante una vacanza il ragazzo per caso incontra di nuovo la ragazza conosciuta durante il terremoto.
e quanti dei tuoi aerei torneranno a casa dopo la guerra? Io ne ho fatto tornare la metà... |
Splendidi e terribili ali d'acciaio: Miyazaki in questa pellicola ci parla tantissimo di sé, del suo lavoro e della sua vita, mettendo al centro di tutto il grande amore per gli aerei e la loro storia. L'amore di Miyazaki per gli aerei e anche per noi italiani è già stato oggetto di un nostro post a cui vi rimando. Mi piace constatare come negli anni le cose non siano cambiate, vendendo come co-protagonista onirico di quella pellicola nientepopodimeno che il conte Caproni. è sempre con leggero schifo che constato come debba arrivare un Giapponese a ricordare a noi italiani chi sia uno dei più grandi geni della nostra patria. A parte qualche pilota, qualche ingegnere, sporadici frequentatori dei musei di Scienze e qualche frequentatore dell'aeroporto Caproni di Trento sembra che ai più il nome del grande costruttore sia ignoto. La wiki mi comunica che gli è stato dedicato anche un centro sportivo a Vizzola Ticino, in provincia di Varese e poco più. Un po' pochino direi, considerando che aveva come fans anche i presidenti americani Roosevelt e Truman. Vi invito a correre di corsa sulla wiki per studiarvi la storia di questo grandissimo uomo, scoprirete che ha fatto praticamene di tutto, da aerei da combattimento a idrovolanti a enormi bombardieri. Tutti modelli realmente riprodotti in questo film. E dire che qualcuno pensava che fosse un personaggio immaginario. Un bel francobollo comunque glielo abbiamo fatto anche noi e pare che Miyazaki abbia scelto quello come modello per il Caproni animato. Un personaggio bello e stralunato, dotato di bei baffoni ricurvi, le cui apparizioni sullo schermo coincidono con i momenti più riusciti della pellicola, tripudi colorati che rimandano non troppo velatamente a classici Ghibli come Laputa e Porco Rosso. Caproni è un po' il fratello maggiore di Jiro in questi momenti ed è facile scorgervi qualcosa del carattere dello stesso Miyazaki, come la malinconia e l'esuberanza di uno dei suoi personaggi più riusciti di sempre, Porco Rosso, peraltro omaggiato direttamente in alcune bellissime scene.
Incredibilmente somigliante alla sua controparte reale anche Jiro Horikoshi, doppiato in origine nientepopodimeno che dal regista di Neon Genesis Evangelion, Hideaki Anno. Come nel caso di Caproni vi invito a trovare in rete qualche biografia su di lui e soprattutto immagini dei suoi bellissimi lavori. Horikoshi fu un autentico rivoluzionario, riuscendo a far compiere a un Giappone all'epoca povero e per lo più rurale un balzo tecnologico pazzesco. La pellicola è in questo un autentico inno al progresso tecnologico e dedica ampie parti a illustrare le specifiche novità apportate da Horikoshi ai suoi progetti, andando a illustrare anche le sue principali influenze dai modelli dell'epoca e il suo peculiare stile di design, ricavato su ispirazione delle lische di pesce. Come per i fantasiosi (e realissimi!) veicoli di Caproni, anche quelli di Horikoshi sono perfettamente riprodotti nella pellicola, a volte facendo richiami espliciti alla bellezza e leggerezza degli aerei di carta. Ma nonostante la cura maniacale al dettaglio rimangono sempre aerei "Ghibli", diversi per molti punti dai modelli bellissimi, ma più aggressivi e realizzati con modelli 3-d, utilizzati nel capolavoro di Oshii, Sky Crawlers. All'Horikoshi brillante ideatore di veicoli volanti si contrappone un timido ragazzo che ha praticamente sacrificato tutto sull'altare del lavoro e vive con molto trasporto i pochi momenti di gioia familiare che la sua difficile vita gli ha concesso. La cura con cui viene affrontato questo aspetto della vita del progettista dona alla pellicola una componente drammatica così centrale da divenatre il fulcro emotivo di tutto. Tanti bellissimi aerei, splendidamente animati, ma soprattutto una storia d'amore tra Horikoshi e Naoko, musa e sostegno del progettista. Con Jiro, Miyazaki porta in scena uno dei suoi personaggi più complessi, adulti, irrisolti.
Jiro e Caproni sono entrambi straordinari ingegneri, ma vivono in periodi in cui il loro lavoro è strettamente legato all'impiego bellico. Il loro sogno sarà pure quello di superare i limiti, creare i migliori strumenti tecnologici di sempre, ma creano veicoli che una volta in volo potrebbero non tornare più indietro. La guerra rimane sullo sfondo ma è presente, vivida, in poche, veloci e terribili sequenze che vedono aerei scontrarsi in volo e in alcune glaciali affermazioni come quella che riguarda il famoso Zero, velocissimo ma troppo pesante se caricato con delle mitragliatrici.
Certo la speranza sono colorati aerei passeggeri che permettano a tutti di girare il mondo, ma il futuro è ancora troppo lontano.
Già dal titolo per me vi è anche una diretta implicazione bellica. Pensare agli Zero richiama alla memoria i kamikaze, parola che ricordiamo ha origini giapponesi e significa "vento divino". Con gli Zero costruiti da Jiro di fatto si alza anche questo tipo di vento. Ma laddove le opere che parlano di kamikaze (ho in mente anche solo The Cockpit di Matsumoto) sono drammi esistenziali avvallati da parole come onore, patria, giustizia, Miyazaki, da sempre pacifista, sceglie di glissare completamente sull'argomento. Allarga invece idealmente lo sguardo su tutti gli aerei prodotti nella seconda guerra. Di fatto rappresenta simbolicamente la seconda guerra come una guerra tra aerei, tutti senza distinzione latori di morte e sogni infranti. Michael Bay ne avrebbe fatto un film diverso. Il punto è che forse non bisogna giudicare l'artista per chi in seguito fa uso distorto delle sue opere, criminalizzandolo per atti non suoi. Concetto che si può allargare anche all'opera di architetti, registi, filosofi e scrittori. Gli Zero hanno fatto la Storia e sono stati la base per progetti futuri che ci hanno portato agli aerei moderni. Non solo quindi un simbolo di morte. Anche se a volte confondere le cose risulta facile.
Quando i disegni si animano e una azienda si chiama come un vento: Il film riporta molte scene di vita quotidiana lavorativa, caratterizzata, come è solito proporci lo studio Ghibli di una brulicante attività di tanti uomini in minuscoli spazi. Forse perché all'epoca degli Zero non esistevano i computer, parrebbe una attività non dissimile da quella legata ad uno studio di animazione degli anni d'oro '70 - '80. Questo per me è indice del fatto che Si alza il vento vuole anche essere un film sullo Studio Ghibli e il suo modo di tramandare le sue idee e passioni alle nuove generazioni. Come il piccolo Jiro ha scoperto Caproni attraverso le pagine di una rivista, così, allo stesso modo, si può pensare e sperare, che lo stile Ghibli continui ancora negli anni a venire grazie all'ausilio di nuove leve. Si dice che i giovani portino nuove idee ed entusiasmo e che i più anziani (come magistralemente fanno notare un paio di scene su Caproni e gli idrovolanti), con il tempo perdano smalto, vadano solo di maniera e orpello senza avere forse più altro da dire. Arriveranno i giovani.
Certo la speranza sono colorati aerei passeggeri che permettano a tutti di girare il mondo, ma il futuro è ancora troppo lontano.
Già dal titolo per me vi è anche una diretta implicazione bellica. Pensare agli Zero richiama alla memoria i kamikaze, parola che ricordiamo ha origini giapponesi e significa "vento divino". Con gli Zero costruiti da Jiro di fatto si alza anche questo tipo di vento. Ma laddove le opere che parlano di kamikaze (ho in mente anche solo The Cockpit di Matsumoto) sono drammi esistenziali avvallati da parole come onore, patria, giustizia, Miyazaki, da sempre pacifista, sceglie di glissare completamente sull'argomento. Allarga invece idealmente lo sguardo su tutti gli aerei prodotti nella seconda guerra. Di fatto rappresenta simbolicamente la seconda guerra come una guerra tra aerei, tutti senza distinzione latori di morte e sogni infranti. Michael Bay ne avrebbe fatto un film diverso. Il punto è che forse non bisogna giudicare l'artista per chi in seguito fa uso distorto delle sue opere, criminalizzandolo per atti non suoi. Concetto che si può allargare anche all'opera di architetti, registi, filosofi e scrittori. Gli Zero hanno fatto la Storia e sono stati la base per progetti futuri che ci hanno portato agli aerei moderni. Non solo quindi un simbolo di morte. Anche se a volte confondere le cose risulta facile.
Quando i disegni si animano e una azienda si chiama come un vento: Il film riporta molte scene di vita quotidiana lavorativa, caratterizzata, come è solito proporci lo studio Ghibli di una brulicante attività di tanti uomini in minuscoli spazi. Forse perché all'epoca degli Zero non esistevano i computer, parrebbe una attività non dissimile da quella legata ad uno studio di animazione degli anni d'oro '70 - '80. Questo per me è indice del fatto che Si alza il vento vuole anche essere un film sullo Studio Ghibli e il suo modo di tramandare le sue idee e passioni alle nuove generazioni. Come il piccolo Jiro ha scoperto Caproni attraverso le pagine di una rivista, così, allo stesso modo, si può pensare e sperare, che lo stile Ghibli continui ancora negli anni a venire grazie all'ausilio di nuove leve. Si dice che i giovani portino nuove idee ed entusiasmo e che i più anziani (come magistralemente fanno notare un paio di scene su Caproni e gli idrovolanti), con il tempo perdano smalto, vadano solo di maniera e orpello senza avere forse più altro da dire. Arriveranno i giovani.
Una speranza in questo momento difficile da abbracciare dopo le mille voci di corridoio che si sono susseguite all'impazzata questa estate. Voci di licenziamenti e ristrutturazioni, riammodernamenti, novità ai vertici, nuovi possibili padroni. Il dato di fatto è che non c'è più lo studio Ghibli delle origini, lo studio di animazione gestito come la bottega di un artigiano, con dipendenti nati e cresciuti in un unico luogo lavorativo, non dissimile dall'analogo dei disegnatori della Mitsubishi della pellicola. Il futuro dello studio guarda sempre più a collaborazioni esterne, peraltro già da una vita iniziate, dai tempi della colorazione in digitale di Mononoke. Una unità che sta vacillando anche alla luce dell'età del maestro Miyazaki, laddove un nuovo erede non anagrafico non è ancora stato trovato a monte di pur tantissimi bravi collaboratori (e vedo Anno, che ultimamente bazzicha il Ghibli un po' troppo spesso, decisamente troppo schizzato per questo ruolo). Speriamo che il Ghibli possa in ogni modo essere eterno, come il vento caldo da cui lo studio prende il nome. Ma se questa deve essere opera di commiato e augurio per le nuove generazioni non poteva centrare meglio il bersaglio.
Un film adulto e molto lento ma molto bello e romantico: I disegni sono sempre meravigliosi e dettagliati, anche se lo stile realistico non permette troppi guizzi creativi per la caratterizzazione dei personaggi, ambienti e veicoli sono davvero magnifici. L'esperienza della pellicola è viscerale quanto statica. Potente, nei primi minuti fino alla straordinaria, spaventosa scena del terremoto del Kanto. Convenzionale e noiosetta nella seconda parte del racconto, dedicata al lavoro di Jiro. Accattivante nella terza, romantica parte e malinconica nell'ultima parte. Gli effetti sonori sono sorprendenti. Il terremoto ha una sua voce, spaventosa, che accoglierete nei vostri incubi per molto tempo. Allo stesso modo ogni motore ha una voce che sembra quasi registrata da una voce umana e l'effetto è bellissimo quanto stranissimo. Le musiche sono assegnate al veterano Joe Hisaishi, autore degli score dei migliori film Ghibli e delle pellicole di Kitano. Il suo lavoro è qui davvero ottimo. La canzone scelta per i titoli di coda al di là della profondità del testo e del bell'arrangiamento è cantata da una tizia con la voce terribilmente gracchiata, una cosa tremenda.
Il film ha momenti bellissimi e decolla nei suoi molti e riusciti voli pindarici, alcuni autoreferenziali ma sempre accattivanti, graficamente sontuosi e latori di pensieri filosofici non banali. Lo scorrere del tempo, l'eredità, la convinzione di fare al meglio il proprio lavoro senza curarsi di chi in seguito se ne approprierà, magari storpiandone il senso, l'amore. Al di fuori di questo mondo onirico, per lo più caratterizzato dalla presenza-guida di Caproni, la pellicola incespica e si srotola con molta, troppa linearità , trovando vigore nelle scene caratterizzate dal volo e nei bei quadretti familiari. Volo che non coinvolge solo gli aerei ma anche cappelli, ombrelloni, aeroplani di carta e vestiti che vengono sospinti dal vento in bellissime scene simili a balletti. La storia d'amore è bella, profonda ma fugace, probabilmente per precise volontà di regia. Il punto debole dell'operazione, non so se derivato dalla natura cartacea della fonte, dalla necessità di attenersi pedissequamente alla realtà o, di nuovo, da una scelta di regia, è la descrizione della routinaria vita di Jiro nella società. Che stranamente è anche la parte più abbozzata, nonostante un paio di guizzi come l'immaginazione onirica in relazione al miglioramento dei componenti di un aereo. Un mondo narrativo caratterizzato da personaggi abbozzati e monodimensionali, o troppo sopra le righe o troppo irritanti o fatti di carta velina. Su tutti il personaggio di Honjo, lo scroccasigarette, soprannominato in sala "Voncio" (cioè sporco) per assonanza, è una vera pigna, tanto come caratterizzazione che doppiaggio, roba da prenderlo a calci nei denti. Peraltro tali scene "industriali" sono afflitte da un rimo narrativo soporifero.
Il film ha momenti bellissimi e decolla nei suoi molti e riusciti voli pindarici, alcuni autoreferenziali ma sempre accattivanti, graficamente sontuosi e latori di pensieri filosofici non banali. Lo scorrere del tempo, l'eredità, la convinzione di fare al meglio il proprio lavoro senza curarsi di chi in seguito se ne approprierà, magari storpiandone il senso, l'amore. Al di fuori di questo mondo onirico, per lo più caratterizzato dalla presenza-guida di Caproni, la pellicola incespica e si srotola con molta, troppa linearità , trovando vigore nelle scene caratterizzate dal volo e nei bei quadretti familiari. Volo che non coinvolge solo gli aerei ma anche cappelli, ombrelloni, aeroplani di carta e vestiti che vengono sospinti dal vento in bellissime scene simili a balletti. La storia d'amore è bella, profonda ma fugace, probabilmente per precise volontà di regia. Il punto debole dell'operazione, non so se derivato dalla natura cartacea della fonte, dalla necessità di attenersi pedissequamente alla realtà o, di nuovo, da una scelta di regia, è la descrizione della routinaria vita di Jiro nella società. Che stranamente è anche la parte più abbozzata, nonostante un paio di guizzi come l'immaginazione onirica in relazione al miglioramento dei componenti di un aereo. Un mondo narrativo caratterizzato da personaggi abbozzati e monodimensionali, o troppo sopra le righe o troppo irritanti o fatti di carta velina. Su tutti il personaggio di Honjo, lo scroccasigarette, soprannominato in sala "Voncio" (cioè sporco) per assonanza, è una vera pigna, tanto come caratterizzazione che doppiaggio, roba da prenderlo a calci nei denti. Peraltro tali scene "industriali" sono afflitte da un rimo narrativo soporifero.
L'adattamento italiano è quello classico delle opere Ghibli. Ci sono un paio di sfumature effettivamente difficili al primo ascolto. Una è il termine riferito al noto "scaldino" tradizionale giapponese, lasciato in originale in quanto abbastanza intraducibile. Una coperta con stufetta incorporata che non prende fuoco. Poi ci sono alcuni scambi di battute tra Jiro e Naoko, una specie di inside joke riferito al baseball, mi pare. In pratica succede ogni tanto che uno riesca ad afferrare qualcosa lanciato o perso dall'altro per una folata di vento. Allora uno dei due dice in inglese: "Nice Catch!", ossia "bella presa!". Probabilmente anche in originale il termine era in inglese e così è stato lasciato per conferire questa sfumatura. Per quanto riguarda i dialoghi in genere, questi presentano le usuali anticature e costruzioni lessicali di stampo giapponese che l'adattatore italiano è solito utilizzare. Uno stile che per quanto mi riguarda si apprezza solo a una visione attenta, risultando ostico al primo ascolto. Il doppiaggio è ottimo.
Finale: La sensazione che più mi pervade è che questo, per il tipo di sceneggiatura, poteva essere benissimo un film con attori dal vivo, non fosse stato per le scene oniriche. La narrazione è piuttosto lenta ma i personaggi principali sono belli, maturi e per nulla banali. La storia sentimentale è bella. I mille dettagli sulla progettazione immaginati da Jiro con ipotesi causa-effetto stimolanti. La vita lavorativa è forse troppo abbozzata. La guerra non c'è ma si sente così come la Storia, nell'incredibile scena del terremoto del Kanto. Gli aerei sono fantastici e riprodotti alla perfezione, per tutti gli appassionati del volo il film è imperdibilie. Il messaggio di cui si fa latore la pellicola, racchiuso nel titolo che riporta il bellissimo stralcio della poesia di Valéry, è magnifico nella sua bellezza quanto malinconia. Mi sento di escludere la visione per i più piccini, gli argomenti trattati sono di maggiore interesse per un publico adulto.
Per puro caso mi sono imbattuto di recente in questa frase:
Non esiste vento a ragione per chi non conosce il porto (Seneca)
Credo che possa essere da giusto completamento alla frase di Valéry pensando ad un genio come Miyazaki, un uomo che ha sempre saputo scegliere e pianificare per tempo il complesso lavoro del suo studio, dimostrandosi capitano severo, implacabile ed esigentissimo per la sua ciurma. Ma non dimenticandosi mai di conferire alle sue opere un cuore. Che il vento soffi sempre forte su di lui.
Finale: La sensazione che più mi pervade è che questo, per il tipo di sceneggiatura, poteva essere benissimo un film con attori dal vivo, non fosse stato per le scene oniriche. La narrazione è piuttosto lenta ma i personaggi principali sono belli, maturi e per nulla banali. La storia sentimentale è bella. I mille dettagli sulla progettazione immaginati da Jiro con ipotesi causa-effetto stimolanti. La vita lavorativa è forse troppo abbozzata. La guerra non c'è ma si sente così come la Storia, nell'incredibile scena del terremoto del Kanto. Gli aerei sono fantastici e riprodotti alla perfezione, per tutti gli appassionati del volo il film è imperdibilie. Il messaggio di cui si fa latore la pellicola, racchiuso nel titolo che riporta il bellissimo stralcio della poesia di Valéry, è magnifico nella sua bellezza quanto malinconia. Mi sento di escludere la visione per i più piccini, gli argomenti trattati sono di maggiore interesse per un publico adulto.
Per puro caso mi sono imbattuto di recente in questa frase:
Non esiste vento a ragione per chi non conosce il porto (Seneca)
Credo che possa essere da giusto completamento alla frase di Valéry pensando ad un genio come Miyazaki, un uomo che ha sempre saputo scegliere e pianificare per tempo il complesso lavoro del suo studio, dimostrandosi capitano severo, implacabile ed esigentissimo per la sua ciurma. Ma non dimenticandosi mai di conferire alle sue opere un cuore. Che il vento soffi sempre forte su di lui.
Anno: posso fare Evangelion vs Nausicaa? Miyakazi: Nooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! |
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Quando si ha a che fare con un maestro il rischio è sempre quello di essere offuscati da ciò che il maestro ha rappresentato o rappresenta tuttora. Quando si ha a che fare con IL maestro, come nel caso di Miyazaki, il rischio è ancora maggiore. Gli si perdonerebbe anche la peggior scempiaggine mai vista. A parere mio "Si alza il vento", pur con tutti i pregi del caso, dalla profondità dei personaggi, al livello tecnico delle animazioni, ai dettagli di tutti i mezzi di locomozione, è un film mostruosamente lento. Troppo lento. Fa rimpiangere i film svedesi con Max Von Sydow. Per l'amor del cielo, si tratta del maestro e gli si perdona tutto, ma credo che il ritmo infici troppo la pellicola. La ritengo un'opera senile, da nonno che vuole a tutti i costi raccontare al nipotino la sua infanzia, anche a costo di frantumargli le balle per un pomeriggio. Con molta probabilità sarà l'unica sua opera che non rivedrò più. Parere mio eh...
RispondiEliminaIn effetti è piuttosto lento : )
RispondiEliminaMa devo dire per quanto mi riguarda che, a distanza di giorni, ripensandoci, le pecche piano a piano scompaiono piano piano e rimane la bellezza complessiva dell'opera. Putroppo le parti più noiose temo siano "dovute"dalla necessità di contestualizzare storicamente il racconto originale, esigenza che forse sentivano come irrinunciabile. Per me a rivederlo invece migliorerebbe ; )Talk0
Il problema è che le parti più noiose comprendono l'80% del film...
RispondiEliminaOltretutto sei stato troppo buono con colui/colei che ha adattato i dialoghi. Il linguaggio è troppo arcaico e ampolloso (per usare un termine che a lui/lei potrebbe piacere). Pare la versione video delle prime edizioni dei romanzi di Verne o Salgari. Amico/a, anche quelle traduzioni vengono regolarmente aggiornate! Sei inutilmente sesquipedale (tié) e probabilmente la tua vita sociale è ridotta a zero perché annoi anche le tue piante. Il film già non scorre, se ci piazzi pure un "chiedo venia" ogni due scene, capisci che la mazzata si amplifica! Cambia lavoro ti prego!
RispondiEliminaL'adattatore è Gualtiero Cannarsi ; )
RispondiEliminaIl fatto è che ha adattato o riadattato tutti i film di Miyazaki, peraltro utilizzando sempre questa tecnica, più o meno "amplificata". Ti dovrei prestare da vedere "i sospiri del cuore"... Per lui le opere di Miyazaki sono "senza tempo come i romanzi di Salgari"e allora fa parlare tutti come nei personaggi di Salgari..non fa una piega. Poi magari in futuro torneremo a parlare come Salgari e grideremo al mito. Per me l'adattamento deve essere qualcosa di invisibile, appoggiarsi sulla lingua di recezione finale nel modo più diretto, ma c'è a chi piace anche questo stile. Almeno penso piaccia ad Occhipinti di Lucky Red...
Però è inutile ormai dargli contro, il lavoro (opera omnia di Miyazaki, compresi i titoli non arrivati ancora in Italia come Nausicaa)è fatto ed ha schiere di fan adoranti. Siamo troppo vecchi per questa battaglia e le opere di Miyazaki sono finite!! Meglio per me apprezzare la ricchezza lessicale del suo lavoro, cosa che non è da tutti.
Certo confesso che non ho ben capito nemmeno io un piccolo passaggio. quando Jiro, di fretta dopo una brutta notizia, rivolto ad una receptionist di un albergo.
Jiro dice: "Devo andare a Tokyo!"
La receptionist risponde (con disappunto): " Tokyo gentilmente?"
Una precisazione in quanto "Tokyo" non è abbastanza chiaro? cioè servono biglietti per "Toyko sud", "Tokyo marittima" o "Tokyo calzaturificio"?? Oppure un richiamo ai modi bruschi con cui è posta la domanda? Oppure uno: "Scusi, ha detto Tokyo"? Io non ho bene inteso,al momento, chiedo venia. La del blu ray visione sarà riparatoria, del dubbio mio satisfattiva. ma a questo scambio qualcuno in sala, un villico, repente, ha replicato, in brutal guisa al di lei "Tokyo gentilmente?" un barbarico: "No, Tokyo Porcoç@###"
Ecco, guarda come sono basse le schiere umane che si annidano all'ombre dell'arte..
In sintesi. Cannarsi talvolta esagera, ma ha fatto di peggio ; ) Talk0
Uno che si chiama Gualtiero non poteva che essere un pedante e ampolloso pseudo-traduttore. Su facebook c'è una meravigliosa pagina intitolata "Gualtiero Cannarsi, cambia lavoro" a cui mi sono prontamente iscritto. Ringrazio il saccente ometto per aver adattato film meravigliosi in modo tale da eliminare dal pubblico i bambini, non avvezzi a siffatto linguaggio (:::). Forse non li ritiene all'altezza dei capolavori di Miyazaki? Cambia mestiere, sul serio!
RispondiEliminaMa guarda che è proprio la sua mission buttare fuori dalle sale i bambini! Per lui i cartoni animati non sono affatto tutta roba per bambini. Lui più volte ha sostenuto che le opere cinematografiche non sono per tutti e solo a seconda del raggiungimento di una certa maturazione, scolastica e culturale, si può arrivare al significato dell'opera. Quindi i bambini possono giusto vedere Ponyo e sognare in un futuro lontano di comprendere Totoro...
RispondiEliminaDevo dire che con gli anni credo di aver capito però quello che per me non funziona davvero nell'impostazione del lavoro cannarsiano. Molti gli contestano il lessico e così facendo si inabissano. Di fatto se "letti", magari con l'ausilio dei sottotitoli, i dialoghi, pur arzigogolati, hanno un senso e se mi posso permettere pure un fascino. Il punto debole è invece quando questi sono recitati dagli attori, soprattutto in un contesto concitato, Usando una metafora: le parole non respirano. Si alza il vento rimane abbastanza comprensibile nonostate tutto, ma questo problema saltuariamente si acutizza. Ne ho avuto riprova in una recente visione del nuovo adattamento di Mononoke: ci sono frasi che sono dette così veloci da apparire incomprensibili senza i sottotitoli. Un esempio è nel primo scontro con il cinghiale indemoniato:
Il protagonista e il "nonnetto"(solito squallido vezzeggiativo cannarsiano) si trovano su un'albero per evitare la bestia incazzata, che sta per dirigersi verso il villaggio. Il protagonista dice:
(frase percepita) "Va verso il villaggio, muoviti a saltare"(presumibilmente già dall'albero, all'inseguimento..)
(frase con i sottotitoli) "Va verso il villaggio, (la bestia) vuole assaltare"
e un istante dopo il protagonista segue e combatte la bestia tra il fogliame dicendo, di corsa una frase pazzesca
(frase percepita) "Placati! ti prego di placarti! se ti scontri quale incautamente con un bue delle campagne perchè ti dai alla furia in qualche modo?"
(frase con i sottotitoli) "Placati! ti prego di placarti! se ti ho scorto quale un certamente illustre nume delle montagne perchè ti dai alla furia in tal modo?"
e questo perchè la frase è detta con impeto, a 300 all'ora, il cervello ha un tempo di reazione strano e non trova i parametri giusti al primo colpo e ad ogni caso una frase di questo tipo sa davvero di supercazzola...
Certo una volta letti i sottotitoli (e quindi una seconda visione subbata serve), o anche solo ad una seconda visione chiarificatoria (non accopagnata da abusi etilici), il fascino lessicale si espande. Un po'come seguire a teatro il Sigfrido in tedesco cercando di capire cosa gogheggi la soprano.
Sì credo che tutto stia qua...
Poi capisco.
uno sente di getto, non capisce, si irrita tra mille "nonnetti", "con ce la si è fatta", "dormi a dovere", "vado a recarmi un pochino dalla nonna". "le auguro un buon giorno" (per mille volte in 6 secondi). Infine gli monta la scimmia, cerca in rete la testa di Cannarsi, lo sfida a duello e quest'ultimo lo sotterra chiarendo che tutte le sue scelte lessicali sono plausibili ed argomentate. Anche perchè lette e non ascoltate le frasi, appunto, funzionano.
Io mi incazzavo, una volta. ma ormai ha vinto lui, come già detto sopra.
E io ai nuovi bellissimi master video in hd dei capolavori Ghibli non rinuncio, Cannarsi o meno ; )
è un mentecatto, inutile tentare di giustificarlo
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