giovedì 22 maggio 2014

Il giardino delle parole, Kotonoha no niwa di Makoto Shinkai, recensione


Takao è un ragazzo timido e un po' introverso che frequenta le superiori. Una famiglia un po' disastrata ma felice, una grande passione per la creazione delle scarpe. Takao ha un suo luogo speciale. Nelle giornate di pioggia, saltando la prima ora delle lezioni, si reca presso un giardino giapponese vicino alla sua scuola, a osservare sotto una panchina con tettoia lo spettacolo dell'acqua che sfiora la lussureggiante natura del luogo. Qui con il tintinnare dell'acqua a fare da sfondo trova la pace e la concentrazione giusta per disegnare i prototipi di scarpe. Un giorno presso le panchine del parco Takao incontra una giovane donna, affascinante e misteriosa intenta a leggere libri. Già dalle prime ore del giorno la donna beve birra, accompagnandola con della cioccolata. Veste elegante, indossa bellissime scarpe, ma che in qualche modo le stanno scomode. Takao al primo sguardo pensa che sia la creatura più bella del mondo. Poi i due si parlano, Takao pensa di averla già vista da qualche parte e di rimando la donna gli risponde con i versi di una poesia (questo ha a che fare anche con il titolo del film, ma non vi faccio spoiler). Un messaggio che Takao da subito non comprende ma che inizia a far sedimentare tra i due un rapporto. Ogni volta che scende la pioggia, e dal giorno dell'incontro di fatto si apre in Giappone una piccola stagione delle piogge, Takao e la donna misteriosa si incontrano nel parco. Si scambiano poche parole ma con il tempo l'uno diventa sempre più indispensabile per l'altra. Lui non conosce nemmeno il nome d lei, ma nemmeno lo chiede, nella paura che tale rivelazione possa rompere la loro complicità. Lei fa altrettanto, gode della compagnia del ragazzo, ma non si sbilancia per paura di perderlo o affrontare una relazione che potrebbe essere difficile, "chiacchierata". Fino a che qualcuno, o il semplice caso, abbatterà del tutto il silenzioso modo da loro costruito.


Makoto Shinkai è un giovane e talentuoso regista, per molti destinato a riscrivere la storia dell'animazione giapponese. Nel 1999 realizza un riuscito, simpatico e tenero corto, "Lei e il suo Gatto", poi nel 2002 realizza il suo primo capolavoro, l'oav "La voce delle stelle". Questo piccolo film di pochi minuti ottiene un grande e meritato successo internazionale per la sua peculiarissima struttura e realizzazione. Un'opera per la cui realizzazione non dorme per un sacco di tempo.

Il regista lavora un botto con di solito pochi collaboratori, e qui ha l'aria un po' stremata.Il gatto lo fissa perplesso
Un'opera semplice ma profonda sull'amore e sulla distanza dalla persona amata, condita nella più classica fantascienza robotica, che cita Gainax ma che sa essere originale. Un'opera che pare frutto di un grosso ed esperto staff, di un sapiente sceneggiatore e affermato regista, ma che Makoto Shinkai realizza interamente da solo, esordiente, nel suo piccolo studio. Ripeto: da solo. Un esempio di maturità artistica sconvolgente, un'opera bellissima da vedere, con una trama malinconica e personaggi ben caratterizzati, il cui messaggio rimane scolpito negli spettatori, che si sono segnati il nome del regista e ora sono desiderosi di nuovi lavori.  Shinkai nel 2004 realizza il suo primo lungometraggio, "The place promised in our early days", una splendida elegia sulla voglia di spiccare il volo, e già qualcuno lo considera un nuovo Miyazaki.

Prima immagine de Il giardino delle parole  in concorso per il Tarantino's foot fetish award, categoria dream
Nel 2007 poi arriva la sua opera più personale, manifesto e sintesi della particolare poetica di questo artista, "5 cm per second". Una storia d'amore e distanze (di nuovo), quando la voglia di diventare grandi o la vita ci portano lontano dalle persone che amiamo. Dove la bellezza di un attimo di felicità si può misurare con la velocità di 5 cm al secondo, il tempo che un petalo di ciliegio impiega per staccarsi dall'albero nel massimo momento di fioritura per poi cadere al suolo. Affiancato nella realizzazione da un piccolo staff, con il quale condivide la sua abitazione-studio come un gruppo di studenti in affitto, Shinkai trova l'ambiente ideale per sintetizzare la sua poetica. Il suo amore nel ritrarre stazioni ferroviarie, passaggi a livello e gli alti palazzi di Shibuya (palazzi immensi ma non troppo distanti mai dalla casa in cui vive), alle cui pendici-aliene estremità possono arrivare solo corvi in volo. Luoghi a lui cari per la sua vita da pendolare squattrinato, perennemente in viaggio ma affascinato-intimorito dalla grande città, al punto da poterla vedere solo dal basso, magari con i piedi ben piantati nel verde di un prato (ma in molte sue opere c'è il desiderio di andare verso l'alto, volando come i corvi, appunto, un po'come le colombe per John Woo). Qui ritorna la sua ossessione-paura per il tempo che scorre, per le parole non dette, per amori mai sbocciati per timidezza, segnali di un artista sensibile, incline alla solitudine ma che sa che il tempo è in grado di aggiustare le cose, il tempo o un luogo diverso (perché per Shinkai spazio e tempo sono spesso la stessa cosa). Un artista per lui la "felicità si suda" e non sempre arriva. Qui afferma inoltre la scelta di lasciare in silenzio le animazioni, lasciandosi trascinare magari dai rumori della natura o dalle canzoni,  note in sottofondo per lo più di brani conosciuti (e la musica sa essere potente quanto serve, ricordate I can stop lovin' you in Metropolis di Rin Taro?). Luoghi urbani ma rurali in minima parte, il tempo ad ordinare-sconvolgere il tutto, la musica per ascoltare il silenzio, l'amore. Magari l'amore effimero di un momento, lo sguardo rapito da una ragazza che ci sorride, l'amore che domani non ci sarà, ma comunque l'Amore. Con 5cm per second Shinkai diviene  uno dei più grande cantori orientali "dell'amore che viene racchiuso in una piccola bolla di tempo", al pari di Wong Kar-Wai (In the mood of love, 2046, ma anche nell'ultimo The Grand Master), al pari di Kim Ki-duk (Ferro 3, L'isola, L'arco, Primavera, estate, autunno, inverno..e ancora primavera, film che a giorni alterni trovo divini o pesantissimi...). E l'aspetto bello di Shinkai è che questo gli riesce con una naturalezza pazzesca, con una genuinità e onestà totale. Nel 2011 l'autore è alle prese con la sua più grande produzione, Viaggio verso Agartha, film meraviglioso funestato da noi da una edizione Kaze semplicemente indegna, un autentico insulto ai fan degli anime italiani (e di cui parlerò volentieri quando qualcuno avrà voglia di portare da noi una versione degna e curata come si deve).

Seconda immagine in concorso per il Tarantino's foot fetish award, categoria touch
Nel 2013 arriva "Il Giardino delle parole". Shinkai torna ai fasti di "5cm per second" per raccontarci però una storia diversa. Si affida nell'ispirazione alla canzone Rain di Motohiro Hata, classicone giapponese anni '80, per inquadrare al meglio le vicende e dare il giusto effetto amarcord. Sceglie sempre di parlare d'amore. Sceglie di affrontare un tipo di relazione inconsueta, il difficile e strano rapporto che si instaura tra un giovane ed una persona adulta.

Motohiro Hata - Max Pezzali nipponico
Uno scambio di attenzioni che si racchiude in un momento effimero quanto lisergico, scandito dal cadere della pioggia in quello che è un piccolo paradiso terrestre a due passi dalla routine-vita, al di sotto dei palazzi ma ben distinto da loro, protetto da una barriera verde e da gocce che provengono direttamente da oltre il grigio, dal cielo (...più che la passione della verticalità, alla spinta verso l'alto- futuro dei personaggi visti nelle sue opere passate, andiamo qui all'opposto, nella preservazione dell'attimo, come se la pioggia cercasse di fermare il tempo andando in senso opposto ai palazzi-futuro-volo-corvi... ma qui è chiaro che sono un po' brillo, e sto forse vaneggiando...). Il contatto tra i due personaggi avviene per la passione delle scarpe del ragazzo che si trasforma in amore per la donna quando tocca, quasi di sfuggita e professionalmente (ma con chiaro erotismo), i piedi della sua affascinante compagna più grande per poterne studiare l'anatomia. L'atto di costruire le scarpe si trasforma anch'esso in un atto d'amore, un amore altruistico, lavorare per fornire la giusta spinta a reagire, ad andare avanti. Scarpe destinate con affetto a una persona che non riesce più a camminare da sola, che traumatizzata dalla vita si ritrova a scappare, rinchiudersi in un angolo di pace. Il film colpisce e lo fa con questi pochissimi elementi, tutto il resto della rappresentazione è autentica poesia, suoni, colori. Un ramo che carico d'acqua si bagna in un laghetto, le goccioline di pioggia che si infrangono al di fuori del vetro di un treno all'albeggiare di una bella giornata (che nella logica del racconto è "brutta"... mi ricorda Dellamorte Dellamore di Sclavi, quando il protagonista felice di un futuro temporale guarda il cielo e sorride dicendo "il maltempo si è rimesso"), il fumo che sbuffa dalla pentola con la pasta e i coltelli che tagliano verdura colorata prima di un pasto insieme. Non serve altro, è tutto misurato alla perfezione e della trama non voglio dirvi altro, per non rovinarvi la sorpresa in sala.
Ecco, dovreste vedere in movimento questa animazione per capirne la potenza, la voglio sul desktop...
Dynit porta nelle sale e presto in home video "Il giardino delle parole" con una formula intrigante, direttamente presentato dal suo autore, anticipato da un corto e seguito dal making of dell'opera. Un modo decisamente originale per portare al cinema un film che da solo durerebbe solo un'ora. Bello il corto, realizzato per una specie di "salone del mobile nipponico". Una piccola storia famigliare che parla di affetti e distanze nel classico stile del regista e che risulta piacevolissimo. Interessante vedere come per realizzare al meglio l'arte del calzolaio lo staff sia andato ad un vero e proprio corso intensivo. Sempre interessati le interviste al cast.  Ma piccola critica, vedere dopo il film 17 minuti di making of e poi 6 dico 6 minuti di storyboard, pur commentati, è una cosa interessante, utile alla comprensione come un buon mini cine-forum... ma un po' pesantina. Una scelta comunque coraggiosa che non ha fatto desistere dalla visione gli spettatori in sala, almeno non tutti.
Questo è il secondo film proposto da Nexo-Dynit che vedo al cinema. Alla passata Comicon di Milano Carlo Cavazzoni di Dynit aveva chiesto al pubblico cosa ne pensasse dell'esperienza degli anime in sala, se gli fosse piaciuta l'esperienza. E lì silenzio glaciale. Volevo parlare della mia esperienza durante la visione di Evangelion 3.0, ma non sapevo bene come mettere giù la questione. La sala era gremita ma quella non era la visione di un film, era un autentico nerd-pride in mano a scimmie urlatrici dove le persone interessate a vedere il film (leggi: "quelle che non l'avevano ancora visto", quei sei) erano nella totale impossibilità di goderlo a causa di continui schiamazzi, coretti, gare di rutto e fastidiosi led dei cellulari, costantemente accessi nel più totale menefreghismo delle persone che siedono dietro di loro, abbagliate a morte. Un girone dantesco fatto da persone che in sala non sembrano venire mai, o che almeno io non ho visto mai, e di conseguenza si comportano come bambini di seconda elementare in gita all'acquario. Persone che per la prima volta fieramente "marcavano il territorio". Di sicuro l'emozione di "vedersi insieme" e "contarsi", del vedere tanta gente condividere la propria passione dona gioia ed euforia all'evento. Lo spirito giusto forse è questo, ma io sono troppo vecchio. Pertanto avevo giurato che io della partita non ci sarei più stato, se anche sono felice di vedere i miei amici vado al bar con loro dopo la visione e non rompo i coglioni all'interno di un cinema. Questo era stato Evangelion 3.0 al cinema. E, preciso, nel cinema dove sono andato io. Con "Il giardino delle Parole" mi sono trovato in una realtà del tutto diversa, vuoi anche per la diversità della pellicola. Un nutrito gruppo di appassionati tutti felicemente radunati, educati e contenti di apprezzare in tranquillità l'opera. Un piccolo paradiso di pace similare a quel piccolo parco coperto nel verde dove vengono ambientate le vicende del film. 
Talk0
Tarantino approva questa pellicola per ovvi meriti artistici

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