domenica 19 maggio 2013

Far East Film Festival 15


Parte seconda

Considerazioni da gonzo e novità in arrivo: Confessions di Nakashima nei cinema e nuova linea home video


Pellicole viste: Home di Sakveerakul. Film a episodi sul significato di “sentirsi a casa”, ossia sul legare significati affettivi ai luoghi. Una scuola di notte, l'ufficio vuoto del marito ormai defunto, la casa della propria infanzia, il ristorante di una festa di nozze. Scenografie ideali per descrivere momenti come l'innamoramento, la perdita del partner, il momento della scelta di una vita condivisa. Molto bravi gli attori, splendida la fotografia, di rilievo la mano del regista, che investe nell'opera anche lati autobiografici. Una visione dalla quale si esce sereni e felici.

See you tomorrow, everyone di Yoshihiro Nakamura. Satoru vive in un complesso di case popolari, un margine diroccato della città dal quale tutti prima o poi scappano. Ha le idee chiare per il futuro: lavorare presso la pasticceria del quartiere, una volta che avrà l'età giusta. Per questo al termine della scuola dell'obbligo Satoru aspetta “l'età per lavorare”, seguendo durante il giorno una scaletta rigidissima che comprende ronde di quartiere, ore di lettura individuale, allenamenti di kung fu. Il ragazzo è quantomai eccentrico e non si spiega la sua incapacità di lasciare, mai e per nessun motivo, il suo quartiere. Il film di Nakamura offre molto di più di quello che inizialmente sembra, una strampalata commedia su un personaggio eccentrico. La trama ha risvolti sorprendenti e non banali che ne fanno un'opera di sicuro interesse. L'ambientazione è anni '80, in piena bubble economy, periodo nel quale a fronte di una nuova ricchezza economica (un po' sullo stile della Milano da bere..), il Giappone ha iniziato a disertare le periferie per assaltare il cuore economico della metropoli. Il protagonista è simbolo di questo “nuovo che avanza” dai tratti incontrollabili e subisce lui stesso il disagio e l'emarginazione dei quartieri periferici, di cui in qualche modo è un simbolo. Non mancano momenti tragici e intimisti in un caleidoscopio molto ricco e affascinante, frutto di un'ottima prova di recitazione unita a una solida e non troppo dilatata (criticità nota delle pellicole orientali) regia. Davvero un bel film. 


The Strangers di Lawrence Fajardo. Horror filippino sul mito degli aswang, una specie di uomini lupo filippini. Famigliola felice in gita. Occacchio la macchina si ferma giusto giusto in una zona boschiva isolata. Arrivano gli aswang, i cacciatori di aswang, qualcuno viene morso dagli aswang, maccheppalle questi aswang. B-movie per appassionati di effettacci degni della Asylum, trama che pur in una esecuzione lineare riesce a essere contorta e con voragini narrative, finale che non ha alcun senso. Mi verrebbe da fare un parallelo con The Strangers di Bryan Bertino, poiché oltre al titolo la pellicola mette in luce altre similitudini, compresa l'idea di famiglia-normale-disfunzionale-divisa vs famiglia-anormale-solida-unita, ma forse sto esagerando. Vabbeh, è lo spettacolo delle nove di mattina, un paio di colpi di scena riescono a far tornare su la colazione...



The Floating Caste di Isshin Inudo. Come la serie Sengoku Basara – Devil Kings, la serie Samurai Warriors e Onimusha insegnano a ogni sano videogiocatore occidentale, intorno al 1500 (dal 1478 al 1605- fase culminante maxi-mega-battaglia-massima di Sekigahara del 1601), epoca Sengoku, si cono state una marea di battaglie che hanno portato più o meno all'unificazione del Giappone sotto un unico Warlord. Prima venne Oda Nobunaga e finì malissimo. Poi venne Hideyoshi Toyotomi (detto “la scimmia” in quanto partecipante a un noto e sfortunato programma della de Filippi) e finì anche lui malissimo. Poi arrivò, utilizzando il samurai meccanizzato Tadakatsu Honda come Pegas viene usato da Tekkaman (Sengoku Basara 3 insegna... e questa è storia) Ieyasu Tokugawa... e poi venne l'epoca Edo (dal 1606 al 1868), dal nome della capitale che a fine '800 assunse in nome di Tokyo. The Floating Castle è quindi ambientato sul finire dell'epoca Sengoku, nel 1590. Il warlord Toyotomi incarica Mitsunari Ishida (giocabile in Sengoku Basara 3, con il chara che lo fa sembrare un emo-psicopatico... questa, ripeto, è storia), personaggio strano, più un monaco che uno stratega, di prendere il castello di Oshi. 

Tanto per esagerare Toyotomi mette Mitsunari alla guida di 20.000 uomini a fronte di un avversario che conta 500 unità scarse. Narita Nagachika ha la sfortuna di succedere al padre durante questo frangente. Se la gente che conta lo vede come un bizzarro eccentrico poco affidabile, Narita trova invece grande consenso tra il popolo, soprattutto tra i lavoratori delle risaie, matrice economica di Oshi. Grazie al coraggio dei contadini e dei nobili del clan, unitamente alle inaspettate doti tattiche del novello sovrano, frutto di un attento studio della morfologia del territorio che per le sue risaie e corsi d'acqua fa di Oshi un'autentica “fortezza galleggiante” (da cui il titolo), le poche forze di Narita riusciranno a lungo a far fronte all'assedio di Mirsunari. The Floating Castle è un'opera imponente, ricca di fascino tanto per la maestosità della messa in scena nei combattimenti di massa, carichi di trovate visive e piene di colori, quando per la capacità del regista di coniugarvi scene di stampo quasi bucolico se non proprie di registro comico, ideali per far respirare l'atmosfera delle risaie, sottolineata sferzantemente dai canti popolari e dalle danze dei seminatori. Il personaggio di Narita è ovviamente quello che colpisce di più l'immaginazione, anche perché basato su una controparte storica e reale. Come atteggiamenti è spiazzante al punto da ricordare (almeno per il sottoscritto) una sorta di umanizzazione del Lupin III di Monkey Punch, similmente sotto una scorza tanto istrionica ed eccessiva presenta doti nascoste di altruismo e umanità. Non da meno il cast dei comprimari, nel mantenersi su questo peculiare registro ironico-istrionico. Ho tanto gradito questo modo così obliquo di affrontare la “Storia” che mi piacerebbe davvero che una simile opera diventasse archetipo di lavori successivi, magari anche americani, magari anche italiani. Una vera ventata di aria fresca nell'ammuffito, pedante, autoreferenziale panorama storico-filmico. Nonostante i suoi imponenti quasi 150 minuti la pellicola scorre come un fiume in piena e lascia con la voglia di una seconda visione. Davvero ottimo.vi metto pure un trailer già che ci sono.

Apolitical Romance di Hsieh Chun-yi . Tra Cina e Taiwan sembra di stare su pianeti diversi. Un ragazzo Taiwanese ha bisogno per lavoro di essere supportato da qualcuno che capisca il cinese e caso vuole che le cada dal cielo una ragazza cinese che ha bisogno di qualcuno per rintracciare il vecchio amore della nonna. Commedia sulle diversità culturali, con ovvia venatura sentimentale al seguito, piuttosto convenzionale nel ritmo narrativo, ma leggera e adatta a tutti i romanticoni. Del tutto inaspettata, a sprazzi giunge pure un accenno a tematiche politiche, aspetto che eleva un po' il valore finale dell'opera. 



Feng Shui di Wang Jing. Cina operaia-industriale, tempo imprecisato (ci starebbe bene Celentano a cantare “..e non lasciano l'erba! Non lasciano l'erba!”). Li Baoli (la bravissima attrice Yang Bingyan) lavora a Wuhan, presso un enorme mercato. È un tipo decisamente autoritario, sa farsi rispettare, si spacca la schiena per la sua famiglia giorno e notte. Nonostante tanta fatica e buoni propositi Li Baoli ha purtroppo un caratteraccio terrificante, parla senza fare troppo caso a quello che dice, spesso ferendo involontariamente l'interlocutore, le sue parole escono come carta vetrata e con la costanza di una mitragliatrice. Li Baoli è sposata con Ma Xuewu (Jiao Gang, anche lui bravissimo), capo-dipartimento di una grossa ditta, i due hanno anche un amabile pargolo. A inizio film la famigliola si trasferisce in un nuovo appartamento. La sorella le dice subito che per il Feng Shui l'appartamento porterà una sfiga pazzesca in quanto si trova al centro di una decina di strade diverse. Li Baoli non se ne cura più di tanto. Iniziano quindi tutti sereni a vivere nella nuova abitazione, un idillio con accluso un bagno vero. Sereni è un eufemismo. Li Baoli è una arpia che passa ogni istante della sua esistenza familiare a tritare le palle al marito e a vessare il figlio, che di suo sta crescendo male, ma così male che come minimo diventerà un serial killer. 

All'ennesima tritura testicolare durante la quale si è pigliato del fallito, assenteista, retrogrado, impotente, noioso, diarroico e catarroso, il marito decide di cornificarla con una gnocca del suo team di lavoro. Li Baoli li scopre mentre si insinuano in un alberghetto e denuncia alla polizia che nella stanza del fedifrago si sta svolgendo attività di prostituzione. La donna ovviamente andrà a prendere in prigione il maritino, non perdendo occasione per una nuova catramata di palta sullo stesso. Come se non bastasse la madre del fedifrago si installa fissa nell'appartamento. Come se non bastasse, nell'azienda del fedifrago ci è deciso di tagliare il personale, partendo dai dipendenti che hanno carichi pendenti con al giustizia. Il fedifrago perde il lavoro e si ammazza buttandosi da un ponte. Li Baoli, sempre più detestata in casa dal figlio, che gli imputa la morte del padre, e suocera, che ha giurato di non andarsene via mai più, deve trovarsi un altro lavoro per quadrare il bilancio e sceglie di fare la facchina. Ma non è finita!!! Roba che I Malavoglia è l'ultimo film di Aldo Giovanni e Giacomo. Magnifica prova d'attrice di Yang Bingyan, strepitosa nel creare un personaggio sgradevole ma autentico, reale. Glaciale la regia, ritmi narrativi perfetti. Il vero grosso problema della pellicola, a ben guardare, è che quando le sfighe dei protagonisti iniziano a fare il cumulo si “faccia quasi il giro” con il risultato che scene di una drammacità così cosmica risultano quasi comiche. Avete presente L'esorcista? C'è la madre della protagonista che nel primo quarto d'ora inanella una sequela di bestemmie terrificanti. Molti spettatori quando ho visto la pellicola in sala al momento in cui la figlia viene posseduta hanno chiosato: “beh, con tutte le bestemmie che dici, un po' te lo meriti...”. Stessa cosa. Bel prodotto quindi questo Feng Shui, ma il pericolo di umorismo involontario è ben oltre il livello di guardia. 

Non perdetevi la terza e ultima parte ricca di altre recensioni!

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