Parte seconda
Considerazioni da gonzo e novità in arrivo: Confessions di Nakashima nei cinema e nuova linea home video
Pellicole
viste: Home di Sakveerakul. Film a episodi sul significato
di “sentirsi a casa”, ossia sul legare significati affettivi ai
luoghi. Una scuola di notte, l'ufficio vuoto del marito ormai
defunto, la casa della propria infanzia, il ristorante di una festa
di nozze. Scenografie ideali per descrivere momenti come
l'innamoramento, la perdita del partner, il momento della scelta di
una vita condivisa. Molto bravi gli attori, splendida la fotografia,
di rilievo la mano del regista, che investe nell'opera anche lati
autobiografici. Una visione dalla quale si esce sereni e felici.
See
you tomorrow, everyone di Yoshihiro Nakamura. Satoru vive in un
complesso di case popolari, un margine diroccato della città dal
quale tutti prima o poi scappano. Ha le idee chiare per il futuro:
lavorare presso la pasticceria del quartiere, una volta che avrà
l'età giusta. Per questo al termine della scuola dell'obbligo Satoru
aspetta “l'età per lavorare”, seguendo durante il giorno una
scaletta rigidissima che comprende ronde di quartiere, ore di lettura
individuale, allenamenti di kung fu. Il ragazzo è quantomai
eccentrico e non si spiega la sua incapacità di lasciare, mai e per
nessun motivo, il suo quartiere. Il film di Nakamura offre molto di
più di quello che inizialmente sembra, una strampalata commedia su
un personaggio eccentrico. La trama ha risvolti sorprendenti e non
banali che ne fanno un'opera di sicuro interesse. L'ambientazione è
anni '80, in piena bubble economy, periodo nel quale a fronte di una
nuova ricchezza economica (un po' sullo stile della Milano da bere..),
il Giappone ha iniziato a disertare le periferie per assaltare il
cuore economico della metropoli. Il protagonista è simbolo di questo
“nuovo che avanza” dai tratti incontrollabili e subisce lui stesso
il disagio e l'emarginazione dei quartieri periferici, di cui in
qualche modo è un simbolo. Non mancano momenti tragici e intimisti
in un caleidoscopio molto ricco e affascinante, frutto di un'ottima
prova di recitazione unita a una solida e non troppo dilatata
(criticità nota delle pellicole orientali) regia. Davvero un bel
film.
The Strangers di Lawrence Fajardo. Horror filippino sul
mito degli aswang, una specie di uomini lupo filippini. Famigliola
felice in gita. Occacchio la macchina si ferma giusto giusto in una
zona boschiva isolata. Arrivano gli aswang, i cacciatori di aswang,
qualcuno viene morso dagli aswang, maccheppalle questi aswang.
B-movie per appassionati di effettacci degni della Asylum, trama che
pur in una esecuzione lineare riesce a essere contorta e con
voragini narrative, finale che non ha alcun senso. Mi verrebbe da
fare un parallelo con The Strangers di Bryan Bertino, poiché oltre
al titolo la pellicola mette in luce altre similitudini, compresa
l'idea di famiglia-normale-disfunzionale-divisa vs
famiglia-anormale-solida-unita, ma forse sto esagerando. Vabbeh, è lo
spettacolo delle nove di mattina, un paio di colpi di scena riescono
a far tornare su la colazione...
The Floating Caste di Isshin
Inudo. Come la serie Sengoku Basara – Devil Kings, la serie Samurai
Warriors e Onimusha insegnano a ogni sano videogiocatore
occidentale, intorno al 1500 (dal 1478 al 1605- fase culminante
maxi-mega-battaglia-massima di Sekigahara del 1601), epoca Sengoku,
si cono state una marea di battaglie che hanno portato più o meno
all'unificazione del Giappone sotto un unico Warlord. Prima venne Oda
Nobunaga e finì malissimo. Poi venne Hideyoshi Toyotomi (detto “la
scimmia” in quanto partecipante a un noto e sfortunato programma
della de Filippi) e finì anche lui malissimo. Poi arrivò,
utilizzando il samurai meccanizzato Tadakatsu Honda come Pegas viene
usato da Tekkaman (Sengoku Basara 3 insegna... e questa è storia)
Ieyasu Tokugawa... e poi venne l'epoca Edo (dal 1606 al 1868), dal nome
della capitale che a fine '800 assunse in nome di Tokyo. The Floating
Castle è quindi ambientato sul finire dell'epoca Sengoku, nel 1590.
Il warlord Toyotomi incarica Mitsunari Ishida (giocabile in Sengoku
Basara 3, con il chara che lo fa sembrare un emo-psicopatico... questa,
ripeto, è storia), personaggio strano, più un monaco che uno
stratega, di prendere il castello di Oshi.
Tanto per esagerare
Toyotomi mette Mitsunari alla guida di 20.000 uomini a fronte di un
avversario che conta 500 unità scarse. Narita Nagachika ha la
sfortuna di succedere al padre durante questo frangente. Se la gente
che conta lo vede come un bizzarro eccentrico poco affidabile, Narita
trova invece grande consenso tra il popolo, soprattutto tra i
lavoratori delle risaie, matrice economica di Oshi. Grazie al
coraggio dei contadini e dei nobili del clan, unitamente alle
inaspettate doti tattiche del novello sovrano, frutto di un attento
studio della morfologia del territorio che per le sue risaie e corsi
d'acqua fa di Oshi un'autentica “fortezza galleggiante” (da cui il
titolo), le poche forze di Narita riusciranno a lungo a far fronte
all'assedio di Mirsunari. The Floating Castle è un'opera imponente,
ricca di fascino tanto per la maestosità della messa in scena nei
combattimenti di massa, carichi di trovate visive e piene di colori,
quando per la capacità del regista di coniugarvi scene di stampo
quasi bucolico se non proprie di registro comico, ideali per far
respirare l'atmosfera delle risaie, sottolineata sferzantemente dai
canti popolari e dalle danze dei seminatori. Il personaggio di Narita
è ovviamente quello che colpisce di più l'immaginazione, anche
perché basato su una controparte storica e reale. Come atteggiamenti
è spiazzante al punto da ricordare (almeno per il sottoscritto) una
sorta di umanizzazione del Lupin III di Monkey Punch, similmente
sotto una scorza tanto istrionica ed eccessiva presenta doti nascoste
di altruismo e umanità. Non da meno il cast dei comprimari, nel
mantenersi su questo peculiare registro ironico-istrionico. Ho tanto
gradito questo modo così obliquo di affrontare la “Storia” che mi
piacerebbe davvero che una simile opera diventasse archetipo di
lavori successivi, magari anche americani, magari anche italiani. Una
vera ventata di aria fresca nell'ammuffito, pedante, autoreferenziale
panorama storico-filmico. Nonostante i suoi imponenti quasi 150
minuti la pellicola scorre come un fiume in piena e lascia con la
voglia di una seconda visione. Davvero ottimo.vi metto pure un
trailer già che ci sono.
Apolitical
Romance di Hsieh Chun-yi . Tra Cina e Taiwan sembra di stare su
pianeti diversi. Un ragazzo Taiwanese ha bisogno per lavoro di essere
supportato da qualcuno che capisca il cinese e caso vuole che le cada
dal cielo una ragazza cinese che ha bisogno di qualcuno per
rintracciare il vecchio amore della nonna. Commedia sulle diversità
culturali, con ovvia venatura sentimentale al seguito, piuttosto
convenzionale nel ritmo narrativo, ma leggera e adatta a tutti i
romanticoni. Del tutto inaspettata, a sprazzi giunge pure un accenno
a tematiche politiche, aspetto che eleva un po' il valore finale
dell'opera.
Feng Shui di Wang Jing. Cina operaia-industriale,
tempo imprecisato (ci starebbe bene Celentano a cantare “..e non
lasciano l'erba! Non lasciano l'erba!”). Li Baoli (la bravissima
attrice Yang Bingyan) lavora a Wuhan, presso un enorme mercato. È un
tipo decisamente autoritario, sa farsi rispettare, si spacca la
schiena per la sua famiglia giorno e notte. Nonostante tanta fatica e
buoni propositi Li Baoli ha purtroppo un caratteraccio terrificante,
parla senza fare troppo caso a quello che dice, spesso ferendo
involontariamente l'interlocutore, le sue parole escono come carta
vetrata e con la costanza di una mitragliatrice. Li Baoli è sposata
con Ma Xuewu (Jiao Gang, anche lui bravissimo), capo-dipartimento di
una grossa ditta, i due hanno anche un amabile pargolo. A inizio film
la famigliola si trasferisce in un nuovo appartamento. La sorella le
dice subito che per il Feng Shui l'appartamento porterà una sfiga
pazzesca in quanto si trova al centro di una decina di strade
diverse. Li Baoli non se ne cura più di tanto. Iniziano quindi tutti
sereni a vivere nella nuova abitazione, un idillio con accluso un
bagno vero. Sereni è un eufemismo. Li Baoli è una arpia che passa
ogni istante della sua esistenza familiare a tritare le palle al
marito e a vessare il figlio, che di suo sta crescendo male, ma così
male che come minimo diventerà un serial killer.
All'ennesima
tritura testicolare durante la quale si è pigliato del fallito,
assenteista, retrogrado, impotente, noioso, diarroico e catarroso, il
marito decide di cornificarla con una gnocca del suo team di lavoro.
Li Baoli li scopre mentre si insinuano in un alberghetto e denuncia
alla polizia che nella stanza del fedifrago si sta svolgendo attività
di prostituzione. La donna ovviamente andrà a prendere in prigione
il maritino, non perdendo occasione per una nuova catramata di palta
sullo stesso. Come se non bastasse la madre del fedifrago si installa
fissa nell'appartamento. Come se non bastasse, nell'azienda del
fedifrago ci è deciso di tagliare il personale, partendo dai
dipendenti che hanno carichi pendenti con al giustizia. Il fedifrago
perde il lavoro e si ammazza buttandosi da un ponte. Li Baoli, sempre
più detestata in casa dal figlio, che gli imputa la morte del padre,
e suocera, che ha giurato di non andarsene via mai più, deve
trovarsi un altro lavoro per quadrare il bilancio e sceglie di fare
la facchina. Ma non è finita!!! Roba che I Malavoglia è l'ultimo
film di Aldo Giovanni e Giacomo. Magnifica prova d'attrice di Yang
Bingyan, strepitosa nel creare un personaggio sgradevole ma
autentico, reale. Glaciale la regia, ritmi narrativi perfetti. Il
vero grosso problema della pellicola, a ben guardare, è che quando
le sfighe dei protagonisti iniziano a fare il cumulo si “faccia
quasi il giro” con il risultato che scene di una drammacità così
cosmica risultano quasi comiche. Avete presente L'esorcista? C'è la
madre della protagonista che nel primo quarto d'ora inanella una
sequela di bestemmie terrificanti. Molti spettatori quando ho visto
la pellicola in sala al momento in cui la figlia viene posseduta
hanno chiosato: “beh, con tutte le bestemmie che dici, un po' te lo
meriti...”. Stessa cosa. Bel prodotto quindi questo Feng Shui, ma
il pericolo di umorismo involontario è ben oltre il livello di
guardia.
Non perdetevi la terza e ultima parte ricca di altre recensioni!
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