C’erano una volta gli atletici, bellissimi e invincibili Avengers. Super forza e super costumi. Capacità ginniche straordinarie se non addirittura la possibilità di volare. Poteri e armi fantascientifiche quanto mistiche. Una volontà che permetteva loro di combattere in sei contro dischi volanti e pazzi titani multidimensionali, salvando il mondo e a volte pure l’universo.
Oggi è diverso.
Ci sono stati vari cambi della guardia, vacanze premio a tempo indeterminato “nello spazio e indietro nel tempo”, una nuova amministrazione pubblica che forse non ama troppo i supereroi.
Se serve “qualcuno di speciale” bisogna adattarsi al poco che può ancora offrire il mercato. Ex super criminali bolliti o ex spie bipolari, con tendenze autolesioniste o troppo impegnati a guidare limousine per arrotondare lo stipendio. Ex militari decaduti e clinicamente già accreditati vittime di stress post traumatico. Tizi qualsiasi che si sono proposti come “cavie” di qualche esperimento “per diventare super” di ex scienziati pazzi, per pochi spicci, che forse porteranno più guai che risultati.
Tutta gente finita prima o poi nel circo personale di Valentina Allegra de Fontaine (Julia Louis-Dreyfus): contessa e direttrice della CIA, in odore di impeachment proprio per il modo “disinvolto” con cui utilizza superumani nelle Black Ops. La punta di diamante del lotto è una Black Widow più giovane ma molto più depressa, Yelena Belova (Florence Pugh, con un accento russo irresistibile). Vive alla giornata, segue gli ordini in modo “confusionario e creativo”, non arriva mai al miglior risultato possibile, racconta i suoi problemi emotivi a mercenari hi-tech dopo averli tramortiti.
C’è poi un clone/copia/reboot di Captain America: U.S.Agent (Whiatt Russell). Un uomo rabbioso, infantile e malinconico che dopo un incidente pubblico che gli ha rovinato per sempre la vita e la carriera (visto nel telefilm The Falcon & The Winter Soldier) è diventato ancora più rabbioso, infantile e malinconico. Piange un sacco. C’è Taskmaster, una esperta di combattimento così tramortita e confusa che ormai non sa più con chi sta combattendo e forse può ammazzarsi da sola (Olga Kurylenko). C’è Ghost, una super ladra capace di passare attraverso le pareti, rendendosi intangibile come una ectoplasma, ma che tende pure emotivamente a comportarsi come un fantasma: lasciando la sua squadre spesso a chiedersi dove sia finita (Hannah John-Kamen).
Hanno potenziale, ma sono tutti a loro modo “perdenti”: sacrificabili e per questo, nel primo momento utile, “sacrificati”, per evitare ad Allegra l’impeachment di cui sopra dalla contessa.
Vengono così mandati a loro insaputa in una missione suicida nel deserto dello Utah, “tutti contro tutti”, a spararsi al buio tra gas ed esplosioni senza nemmeno conoscersi. In un bunker losco e pieni di “altra roba compromettente”, pericolosa, illegale o aliena, da far esplodere “magari con pure loro dentro”, il più in fretta possibile. Nel bunker c’è anche la “cavia Bob” (Lewis Pullman), gracile, inferma e confusa, appena uscita da una specie di sarcofago hi-tech. Bob appare come un ragazzo sfigato e inerme e per una qualche forma di “istinto materno sopito” attira l’attenzione/compassione della giovane Vedova Nera. Per “salvare Bob” la lotta fratricida tra i perdenti si interrompe: il gruppo inizia a sentirsi tale e fare squadra. Guardandosi, riconoscendosi nella circostanza comune di essere più o meno tutti “nella stessa barca” e con una positiva spinta all’autoanalisi, inizia pure una specie di terapia di gruppo.
Tra esplosioni, gas, incidenti di fuoco-amico e continuando a litigare come bambini con deficit dell’attenzione, trovano una via di fuga. Si immaginano un futuro comune al punto da darsi un nome provvisorio, “Thunderbolts”, come quella squadra di softball di cui faceva parte Yelena da bambina: zero punti in classifica ma tanto entusiasmo, un’inno alla resilienza e alla positività.
Il primo atto della nuova squadra sarà proprio “continuare a salvare” Bob, che dopo aver rivelato di avere poteri incredibili ha cercato di aiutare il gruppo facendo da esca e finendo male. Purtroppo una squadra di contenimento mandata dalla contessa al bunker per “eliminare ogni traccia” lo ha preso e consegnato come pacco dono alle manipolazioni di Allegra de Fontaine.
Lei lo ha portato nel cuore della vecchia Watch Tower degli Avengers, trattandolo un po’ da manager, un po’ da groupie, un po’ da mamma. Bob subisce sempre il fascino di donne che verso di lui dimostrano istinto materno. Lei gli tinge i capelli di biondo dotato, gli mette una tuta dotata, gli assegna un nome da eroe dorato. Maternamente, lo avvia a diventare una nuova e gaudente versione di Cap America, ma segretamente pensa di servirsene come una arma di distruzione di massa nelle sue mani.
Se i Thunderbolt non sfuggivano alla regola dei “supereroi con super problemi”, Bob ha ora così tanti poteri da sviluppare superproblemi letteralmente spaventosi: vola, è super forte, raggi dagli occhi e può pure, quando perde il controllo, trasformarsi una vera e propria “ombra junghiana di se stesso”. Quando questo stato prende il sopravvento sulla sua psiche, è in grado di dissolvere in ombre tutti gli abitanti di New York, confinandoli in una dimensione parallela simile a un incubo collettivo.
Riusciranno gli scombinati Thunderbolts a salvare Bob, il mondo e la loro rinata autostima?
Ad aiutarli ci sarà ci sarà il “papà della vedova nera”, un Red Guardian (David Harbour) sempre più sfasciato nel fisico da una vita troppo disillusa ed etilica. Al suo fianco anche il vecchio Soldato d’Inverno “usato garantito” (Sebastian Stain): ormai più attratto dalla politica che dalle risse, molto affezionato a un braccio bionico che con cura mette in lavatrice con l’anticalcare, ma ancora “promettente.”
Jack Schreirer, regista di video clip per Kanye West, Justin Beader e Benny Blanco, nel 2012 esordiva nel lungometraggio con un piccolo e malinconico film di fantascienza, su un anziano che veniva accudito da un robot domestico, simile per tantissimo versi al classico Io e Caterina con il nostro Alberto Sordi. Si chiamava Robot & Frank. Nel 2015 dirigeva la commedia romantica per adolescenti Città di carta. In tv intanto firmava episodi di Shameless e Minsx, mentre più di recente un episodio dell’antologico horror Al nuovo gusto di ciliegia e uno di Star Wars: Skeleton Crew.
La sceneggiatura, che ha visto la partecipazione dell’autore dei Thunderbolts a fumetti, Kurt Busiek, è invece opera di Eric Pearson e Joanna Calo.
Pearson è attivo nel Marvel Cinematic Universe fin dalle sue “origini”, avendo nel 2011 scritto i corti Marvel One- Shot. Come “script Doctor” ha partecipato ai film degli Avengers 3 e 4, Spider-Man Homecoming e Ant-Man. Nel 2015 era sulla serie tv Agente Carter, nel 2017 su Thor: Ragnarok, nel 2021 Black Widow. È già accreditato per i futuri Blade e Fantastic Four. Al di fuori dell’ambito Marvel, ha lavorato per Pokémon: detective Pikachu, Pacific Rim, Godzilla vs Kong e Transformers One.
Johanna Calo è showrunner di una della serie tv Disney+ più amate, The Bear, ma il suo nome è legato anche al cult animato Bojack Horseman.
I Thunderbolts, creati dallo sceneggiatore Kurt Busiek (suoi anche i cult Marvels e Astro City) e dal disegnatore Mark Bagley (penna principale del primo e premiatissimo Ultimate Spider-Man di Michael Bandis), comparirono per la prima volta come “ospiti” sulla testata The incredibile Hulk, numero 499 del gennaio 1997, in una storia scritta dal leggendario Peter David e disegnata da Mike Deodato jr. Supereroi misteriosi, che piombavano sulla scena dal nulla, in un momento in cui i “titolari difensori della terra” erano “irreperibili” a causa di un maxi-crossover Marvel del 1996 chiamato Onslaught. La loro identità sarebbe stata presto svelata, anche se in modo abbastanza “traumatico”: sotto nuove maschere e nuovi nomi di battaglia, si nascondevano infatti alcuni dei villain più noti. Comandati da un barone Zemo “sulla via della redenzione” che nonostante gli sforzi non sarebbe mai apparsa “abbastanza convincente” (sarebbe accaduto qualcosa di simile nell’universo DC a un “motivatissimo” Due Facce, che nell’evento 52 avrebbe indossato il mantello di Bruce Wayne in assenza dell’eroe). Anti-eroi super problematici perennemente combattuti tra luce e tenebra, buone intenzioni e pregiudizi. Piacquero molto al pubblico, anche perché i membri del team, tra tradimenti e ripensamenti, cambiavano sempre e rendevano le storie ogni volta imprevedibili, fresche e nuove. A seguito delle vicissitudini legate all’evento crossover Civil War, le nuove storie dei Thunderbolts sarebbero tornate (ma per più tempo) sotto le matite del loro “battesimo stampato”, quelle di Mike Deodato jr, con ai testi un’altra leggenda del fumetto moderno: Warren Ellis (Transmetropolitan, The Anthority, la serie Netflix Castlevania). Ad alcuni vecchi anti-eroi si aggiunsero nuove pericolosissime leve. I Thunderbolts diventavano un gruppo “gestito dall’autorità” più che altro in ragione di un controverso “progetto di recupero di super detenuti”. A latere delle missioni, erano costantemente sorvegliati da cecchini e in caso di fuga “potevano esplodere” (come ne L’implacabile con Schwarzenegger) tramite l’innesco di esplosivi sottocutanei. Le trame assunsero toni cupissimi e in parte molto più vicini alla Suicide Squad della DC Comics (nata su The Brave and the Bold nel 1959). Tra le fila militava gente come Bullseye e il “leader del gruppo” divenne nientepopodimeno che il Goblin originale di Spider-Man: un “mai troppo rendento” Norman Osborn (che Deodato disegnava come l’attore Tommy Lee Jones).
Fu in quel periodo che entrò a far parte del team anche Sentry, esule da una non troppo felice esperienza nei New Avengers. La run diretta da Ellis è per gran parte della critica forse uno dei migliori fumetti Marvel degli ultimi 20 anni. In tempi più recenti, con l’arrivo dell’Hulk Rosso di Loeb e McGuinness, la squadra ha potuto contare su un leader come il generale Ross e una formazione di impronta “più militare e meno criminale” (con l’Agente Venom, il Punitore, Deadpool ed Electra), ma la vita editoriale dei Thunderbolts è sempre in continua e felice metamorfosi.
Sentry nasceva come personaggio originale all’interno della collana “per adulti” Marvel Knight, in una miniserie di 5 numeri del 2000 scritta da Paul Jenkins per i disegni di Jae Lee (La torre nera di King). I temi erano forti e controversi: la storia parlava di un anti-eroe forte e “decisivo”, almeno quanto Superman, ma che viveva in un perenne stato di angoscia a causa del suo “alter ego”: un uomo in forte sofferenza emotiva, spesso vittima di abusi di alcol e psicofarmaci. Jenkins, uno dei più sensibili e sofisticati autori ad aver raccolto il testimone di Peter David su Hulk, infondeva in una storia a tutti gli effetti “horror” tutta la tensione emotiva e l’approccio “quasi psicanalitico” che caratterizzavano il suo lavoro per il Golia Verde. La successiva miniserie sul personaggio, con i disegni ultra dinamici e colorati di John Romita Jr, trasformava Sentry in una vera e propria de-costruzione del mito del Superman, molto vicina per vari aspetti a “un altro Superman Alternativo”, che in Marvel stavano ri-elaborando nello stesso periodo Bendis e Straczynski (l’Hyperion della miniserie Supreme Power). Alla fine Bendis, in accordo con Jenkins, portò però proprio Sentry sulla sua serie regolare di punta, gli Avengers, dando vita ad alcune delle pagine più originali e imprevedibili del fumetto supereroistico. Sentry ieri come oggi rimane stimolante quanto difficilissimo da gestire all’interno di una narrazione più corale.
Il progetto cinematografico dei Thunderbolts prendeva il via nel 2014 su impulso di James Gunn: dopo che la sua “scommessa” di puntare su anti-eroi ironici come I Guardiani della Galassia aveva avuto successo. Ironicamente, Gunn è andato poi a dirigere altri anti-eroi ironici nell’ottimo The Suicide Squad - Missione Suicida del 2021.
Mettere insieme i Thunderbolts e Sentry in un unico film era sicuramente un azzardo.
Per i suoi Thunderbolts, Marvel Disney ha scelto un team di anti-eroi che già gravitavano all’interno del suo ricco Cinematic Universe. Dal film Black Widow con protagonista Scarlett Johansson, di Cate Shortland del 2021, arrivano la “Nuova Vedova Nera” interpretata da Florence Pugh, il Black Guardian di David Harbour, la Taskmaster di Olga Kurylenko. Dalla serie tv The Falcon and The Winter Soldier, di Malcom Spellman del 2021, tornano il Soldato d’Inverno di Sebastian Stain e lo U.S.Agent di Whyatt Russell (figlio di Kurt Russell). Da Ant-Man and the Wasp, del 2018 di Payton Reed, arriva la Ghost interpretata da Hannah John-Kamen.
Per il ruolo di Bob/Sentry è stato scelto Lewis James Pullman, figlio di Bill Pullam ed è quasi un segno del destino: anche in Top Gun: Maverick interpretava un tizio di nome “Bob” (questa è una battuta, anche se mi è venuta poco divertente). Ha all’arrivo particine interessanti anche in film cult come 7 sconosciuti a El Royale di Drew Goddard e ha affiancato Brie “Captain Marvel” Larson nella serie tv Lezioni di Chimica.
La baronessa Valentina Allegra De Fontaine è interpretata dalla attrice Julia Louise-Dreyfus, nota anche da noi per la sit-com comica Seinfeld e per la commedia di fine anni ‘80 Un natale esplosivo! (National Lampoon’s Christmas Vacation).
In fase di produzione, nel 2019 era ovviamente girato anche il nome di Daniel Bruhl nel ruolo dello “storico” leader e fondatore dei Thunderbolts, il Barone Zemo. Si era parlato anche di William Hurt nel ruolo di Red Hulk, ma la scomparsa nel marzo 2022 dell’attore, che ha comportato il recente recasting del personaggio (che ora ha il volto di Harrison Ford), non ha permesso l’operazione.
La pellicola ha beneficiato di un budget da 180 milioni di dollari. Le riprese, iniziate nel 2023, si sono svolte tra New York e il deserto dello Utah. Due sono gli anni dedicati alla lunga post-produzione.
Thunderbolts* è una bellissima sorpresa dopo un film su Cap America interessante, ma forse con troppe luci e ombre. La formula, vincente, deve molto a quella impostazioni da “amabili cialtroni” propria de I Guardiani della Galassia di Gunn, ma sa fare tesoro anche dell’ottima intesa che avevano già trovato sul set di Vedova Nera Pugh e Harbour, come peraltro avvenuto anche tra Russell e Stain sul set di The Falcon & The Winter Soldier. Al di là degli effetti visivi, onnipresenti ma anche piuttosto riusciti, la pellicola presenta bellissime e ben articolate sequenze d’azione, come il suggestivo “inseguimento nel deserto” e lo spettacolare quanto originale finale “catastrofico/psicologico”.
Più di ogni cosa però, la pellicola di Jack Schreirer sa brillare e farsi amare per i fantastici e surreali dialoghi opera della autrice di The Bear e di BoJack. Il gruppo di anti-eroi in pochi scambi di battute riesce a diventare simile a una “allegra famiglia disfunzionale”, se non una specie di gruppo di auto-aiuto di alcolisti anonimi. C’è tanta ironia, ma anche una inaspettata quanto felice profondità emotiva, che riescono a fondersi particolarmente bene con una “narrazione visiva”, spettacolare, ma che alla fine non risulta mai fine a se stessa.
Se il “modello Guardiani della Galassia” era in qualche modo già stato “sperimentato”, da Gunn, l’adattamento cinematografico di Sentry era forse la sfida più difficile e attesa. C’è da dire che non è mancato l’impegno, anche se il risultato finale non riesce forse a cogliere in pieno la magnificenza e tragicità del personaggio creato da Jenkins.
Thunderbolts* ci parla di “amabili super-perdenti” così simpatici che alla fine della visione è davvero difficile staccarsi da loro. Ogni nuova follia o cretinata di cui il gruppo su rende protagonista è sempre originale quanto ben orchestrata dalla regia, da un ottimo cast e addetti ai lavori. Thunderbolts* è rigorosamente da vedere al cinema, in una sarà grandissima, con popcorn, super-audio, mega-schermo e tutta la famiglia.
Dopo un avvio complesso della “nuova fase” del Marvel Cinematic Universe, caratterizzato anche da temi malinconici e supereroi che non sono forse riusciti a farsi amare troppo dai fan, possiamo dire con gioia che i supereroi al cinema sono tornati alla grande.
Talk0
Bellissimo Articolo! Ero in forse per questo film, ma credo proprio che mi abbiate convinto a recuperarlo!
RispondiEliminaMa visto che si parla di Marvel, colgo la palla al balzo anche per chiedere un parere a "caldo" dell'annuncio di Marvel Tokon Fighting souls ad opera degli Arc System.
Zorbas